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Allarme Chikungunya in Cina: scattano misure anti-Covid

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 07/08/2025

AttualitàCronache sanitarie

Negli ultimi mesi, la provincia cinese del Guangdong sta affrontando un’epidemia di virus chikungunya, trasmesso dalle zanzare. Dallo scorso luglio, sono stati registrati oltre 7.000 casi, tanto che le autorità hanno adottato misure restrittive che ricordano quelle del periodo COVID-19.

Il chikungunya è un virus che provoca febbre alta e forti dolori articolari, che in alcuni casi possono persistere per anni. Fortunatamente, i decessi sono rari. Altri sintomi comuni includono eruzioni cutanee, mal di testa e gonfiore delle articolazioni.

Il virus si diffonde attraverso la puntura di una zanzara infetta. Di solito, i sintomi compaiono 3-7 giorni dopo il contagio. I neonati, gli anziani e le persone con patologie croniche, come malattie cardiache o diabete, sono considerati i soggetti più a rischio.

La malattia non è contagiosa da persona a persona e non esiste una cura specifica. I medici si concentrano principalmente sulla gestione dei sintomi.

La città di Foshan, la più colpita, ha imposto ai pazienti di rimanere in ospedale, con letti protetti da zanzariere, fino a quando non risultano negativi al test o per almeno una settimana.

Le autorità del Guangdong hanno promesso di intervenire con “misure decise e incisive” per bloccare la diffusione del virus. Tra queste, l’obbligo per i residenti di eliminare l’acqua stagnante (nei vasi, nelle bottiglie, ecc...) per prevenire la riproduzione delle zanzare, pena multe salate. Inoltre, sono stati impiegati metodi innovativi, come l’uso di droni per individuare le fonti di acqua stagnante, e biologici, come il rilascio di “zanzare elefante” che si nutrono di altre zanzare e di pesci “mangia-larve” nei laghi.

A seguito dell’epidemia, gli Stati Uniti hanno consigliato ai viaggiatori diretti in Cina di usare “maggiore cautela”. Hong Kong ha segnalato il suo primo caso in un ragazzo che aveva recentemente visitato Foshan.

Nonostante le autorità abbiano dichiarato che il 95% dei pazienti è stato dimesso in una settimana e che i casi sono finora lievi, le misure restrittive hanno generato timori e dibattiti. Molti, infatti, hanno paragonato la situazione alla pandemia di COVID-19, sollevando dubbi sulla reale necessità di quarantena e altre misure simili. Questo perché il virus è poco conosciuto in Cina, pur essendo comune in altre parti dell'Asia, in Africa e in più di 110 Paesi in tutto il mondo.