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Infermieri. Falli sul ventennale del Profilo: "Vent’anni appena, eppure già vent’anni"

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Pubblicato il: 13/09/2014

Editoriali

di Francesco Falli

Presidente del Collegio Ipasvi di La Spezia

 

Quanto è distante il 1994? Vent’anni appena, eppure già vent’anni.

Naturalmente tutto è relativo, per chi misura il tempo con le sue emozioni, i suoi ricordi, le "distanze interiori" da episodi e fatti della propria vita personale, o dalle storie di cronaca, più o meno note.

Nel 1994 il mondo stava ancora assistendo ai massacri balcanici ed aggiungeva, imperturbato o quasi, il genocidio del Ruanda all’interminabile elenco delle tragedie umane.

 

Ma c’erano anche notizie di diverso tenore: in quell’anno, Nelson Mandela diventava il Presidente del nuovo Sudafrica, e si inaugurava il tunnel sotto il canale della Manica, presenti Mitterand, presidente francese, e la regina Elisabetta II per la Gran Bretagna.

Il 1994 vide anche l’ultimo concerto dal vivo di Frank Sinatra, ed il terribile gran premio automobilistico di Imola, caratterizzato da più incidenti, due di questi letali per l’austriaco Ratzenberger e per il più celebrato campione di Formula 1: il brasiliano Ayrton Senna.

In Italia, la coalizione politica capitanata dal Cavaliere Silvio Berlusconi salì al governo per la prima volta; la nazionale perse ai rigori col Brasile la finale della Coppa del Mondo negli Stati Uniti ed il criminale di guerra Erich Priebke, coinvolto nella rappresaglia nazista delle Fosse Ardeatine di cinquanta anni prima, venne individuato in una cittadina del sud dell’Argentina.

 

E gli Infermieri italiani, che cosa facevano e pensavano nel 1994?

Prima di tutto, non avevano social network (Internet era appena nato, l’anno prima) e nemmeno i telefonini, al tempo privilegio di pochissimi: erano costretti ad incontrarsi, pensate un po’, per condividere idee e problematiche!

Soffrivano molto la normativa vigente al tempo, che era composta, in pratica, dal solo ‘’mansionario’’ (DPR 225 del 1974) e chiedevano a gran voce la formazione universitaria.

 

In quel tempo ero un Infermiere di anestesia poco più che trentenne: dopo un decennio di terapia intensiva nell’ospedale della mia città, e di lavoro in Egitto in un programma sanitario del nostro Ministero degli Esteri, mi occupavo anche di formazione dei nuovi colleghi, presso la scuola regionale ‘’per infermieri professionali’’, attiva presso l’ospedale spezzino.

Seguivo i lavori dell’ANIARTI e notavo due insistenti richieste che condividevo pienamente: la creazione di figure di supporto (che erano già una realtà , purtroppo soltanto teorica, varata col DPR 384 del 1990: l’arrivo dell’OTA) al fine di sottrarre agli Infermieri quelle attività di base, non complesse, per le quali non era necessaria una particolare preparazione; e – appunto - l’ingresso effettivo, concreto, con reale percorso riconosciuto, in Università.

Ma in particolare gli Infermieri italiani chiedevano, all’epoca, di aggiornare le normative di riferimento professionale, che erano semplicemente assenti, o del tutto irreali, in confronto alla quotidianità operativa.

 

Certo, qualcosa stava cambiando: anche a seguito di nuove norme (su tutte il Dlgs 502, poi 517) si indicava come requisito per accedere ai corsi per ‘’infermiere professionale’’ il diploma di maturità quinquennale e si iniziavano i corsi (non su tutto il territorio nazionale) di ‘’diploma universitario’’: ma nel 1994 eravamo ancora lontani dall’Europa, come avevo avuto modo di constatare direttamente, lavorando con colleghi stranieri nella mia esperienza egiziana.

 

Chi oggi legge il ‘’mansionario’’, in pratica la sola fonte di riferimento delle attività permesse ai colleghi dell’epoca, sicuramente si domanda come la quotidianità operativa degli Infermieri (professionali) potesse davvero rispettare queste CHIARE indicazioni:

Per fornire maggiori ed utili dettagli alla comprensione, al punto g) si parla nel testo di elettrocardiogrammi, da farsi solo ‘’sotto controllo medico!’’…..(citazione dal TITOLO I del DPR n° 225 del 14.3.1974, relativo alla figura dell’Infermiere Professionale).

Ad ogni ECG effettuato da un Infermiere (o meglio: IP, per quell’epoca) sulla scena era previsto fisicamente un Medico, per esercitare il doveroso ‘’controllo’’! … irreale, impraticabile.

 

Il DPR indica poi anche altre figure: la vigilatrice di infanzia (titolo II) e l’assistente sanitaria (titolo IV) e due ulteriori figure, per le quali merita fornire una riflessione critica, sicuramente in grado di far comprendere l’enorme sbilanciamento verso il ruolo del Medico quale ‘’dirigente assoluto’.

 

Parliamo qui dell’infermiere professionale specializzato (titolo III) e dell’infermiere generico (titolo V): nel primo caso, la prima competenza cita ‘’l’assistenza al medico specialista nelle varie attività di reparto…’’ (cioè assiste PRIMA il Medico, e POI il malato!) e nel secondo caso – quello del generico - è il Medico che ‘’ prescrive’’ l’assistenza completa al paziente!

 

Addirittura, nell’elenco delle attività consentite, l’infermiere professionale specializzato ha ‘’la sostituzione delle fleboclisi’’… attività NON compresa, non esplicitata nell’elenco delle attività permesse all’infermiere professionale!!

 

Sarebbe interessante aggiungere che di Infermieri professionali specializzati (in anestesia e rianimazione) se ne contavano pochissimi, all’epoca: lo so per diretta esperienza, dopo aver frequentato negli Anni Ottanta questa scuola di specializzazione (una sorta di master ante litteram) al San Giovanni di Roma; io ero l’unico del mio ospedale, perché le scuole di specializzazione erano poche, e tutte ormai in chiusura… come avrebbero potuto sostituire le flebo solo questi pochissimi colleghi?

Queste incongruenze con le attività di ogni giorno, con le decisioni assunte nelle corsie dagli Infermieri, che curavano la gestione diretta di problemi importanti; e naturalmente numerosi altri aspetti, indussero un crescente, montante movimento di opinioni professionali nuove, tese a chiedere attenzione e maggiore ascolto.

 

I tempi erano cambiati da quando, nel 1974, la rivista nazionale della Federazione dei Collegi IPASVI aveva salutato con toni di entusiasmo il varo di questo DPR… ora, sulle pagine della rivista nazionale IPASVI, venti anni dopo, si chiedeva a gran voce una nuova norma, una Legge che superasse il mansionario.

Altrettanto avveniva, naturalmente, sulle riviste delle associazioni professionali.

 

Mi piace ricordare, soprattutto ai più giovani, che nelle corsie la resistenza alle richieste di attività improprie, nonostante la mancanza di norme aggiornate, era più forte di oggi: io c’ero, e me lo ricordo benissimo… in particolare, erano coloro che al tempo erano usciti dalle rinnovate scuole regionali (che dal 1974 avevano recepito le indicazioni europee: corsi della durata a tre anni e l’apertura agli uomini) ad insistere molto sul rispetto del ruolo.

 

Ma già la professione aveva vissuto, ad inizio anni Ottanta, una prima grossa scossa sul versante della coesione, del riconoscimento della professionalità; ciò era avvenuto con i corsi di ‘’riqualificazione straordinaria’’ (Legge 243 del 3.6.1980), sorta di ‘’sanatorie’’ che avevano trasformato gli infermieri generici in ‘’professionali’’, con corsi interni che calcolavano le ore di lavoro come ore di formazione…

 

Un’altra bella ‘’botta’’ alle ambizioni della categoria era stata data dalle organizzazioni sindacali, che avevano varato la figura ‘’dell’Infermiere unico’’: vennero chiusi i corsi di specializzazione, e poco mancò che la figura del ‘’capo sala’’ (oggi: coordinatore infermieristico) venisse abrogata d’ufficio, nella imperante tendenza al livellamento (verso il basso…) di ogni caratteristica professionale, al grido di ‘’tutti sanno fare tutto’’...

Ecco un bel brano, sull’argomento, che appare sul web, a cura della Scuola superiore dell’economia e delle finanze, dunque un testimone ben più neutrale di me (la sottolineatura è mia):

Gli anni Ottanta ereditano il lungo, acceso e controverso dibattito politico, sindacale e professionale sul concetto di “infermiere unico e polivalente”. Il confronto poggia sul principio, dimostratosi poi non così vero, che avere nei servizi tutti infermieri professionali avrebbe automaticamente determinato un aumento della qualità dell’assistenza.

 

Molti colleghi, formati alle scuole regionali ed entrati con motivazioni elevate, subirono questi due passaggi come uno schiaffo, come un colpo di spugna alla loro professionalità, livellata con quella di tutti, o quasi, almeno sul piano della qualifica.

 

E’ in questo contesto, in questo clima complesso, che il 1° luglio 1994 si svolge a Roma la grande manifestazione per la tutela della sanità pubblica, che il governo di centro destra aveva ‘’minacciato’’ di non voler troppo sostenere, a vantaggio della sanità privata.

Ma all’interno di questa manifestazione fu fortissima, e preponderante, la presenza degli Infermieri d’Italia che colsero l’occasione per dimostrare quanto le cose fossero cambiate, rispetto agli standard stereotipati sul nostro agire: gli slogan chiedevano l’ingresso definitivo e con pari dignità in Università, e soprattutto ribadivano concetti nuovi alla massa: ‘’Infermiere qualificato, paziente tutelato’’; ed anche ‘’vogliamo migliorare per potervi assistere e curare’’.

 

Io quel giorno ero a Roma e, insieme alle fonti documentali ed alle foto recuperate in rete, grazie anche alla Redazione di Infermieristicamente, vorrei portare un ricordo diretto: aver perso la voce al grido, bellissimo e liberatorio, di: ’’signor dottore ho commesso un gran reato, lo sa che ho pensato, lo sa che ho pensato!!’’…

Queste grida erano pro categoria: perché in tutta onestà, ho sempre svolto il mio intero percorso in contesti dove la professionalità degli Infermieri era considerata e riconosciuta; vedo invece, oggi, anno 2014 d.C., più frequenti diatribe, contrasti, conflitti, interni ed esterni al gruppo professionale.

 

Ma rimettiamo indietro l’orologio di vent’anni: la manifestazione si effettuò, come detto, il 1° luglio; faceva caldo, era estate, una bella giornata di estate romana.

Le grida, i poster, i cori con altri slogan erano diretti alle forze politiche.

Era una manifestazione davvero ‘’sui principi mancati’’, e non sulle rivendicazioni economiche: pochissimo tempo prima infatti, prima di venire spazzato via dal ciclone di Tangentopoli, il Ministro della Sanità De Lorenzo aveva concesso importanti aumenti economici ai lavoratori del comparto: il nostro stipendio mensile, nel 1992, cresceva da circa 1.500.000 a 2.000.000 di lire; un aumento importante… dunque quel giorno eravamo a Roma soprattutto per rivendicazioni professionali, non economiche (entrambe naturalmente legittime, ed oggi attualissime, perché il riconoscimento della tua professionalità non può prescindere da una retribuzione adeguata).

 

Il Parlamento chiuse per ferie, naturalmente, ma il Ministro della Sanità Raffaele Costa mantenne le promesse ed il 14 settembre 1994, col Decreto Ministeriale numero 739, gli Infermieri italiani ebbero il loro nuovo ‘’regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere’’: in pratica, il nuovo profilo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a inizio 1995, il 9 gennaio.

 

Piacerebbe aggiungere qualche riflessione: oltre a quelle scontate, che riconoscono nell’attuale demansionamento sofferto se non da tutti, da tanti colleghi in Italia, la incompletezza ed incompiutezza del percorso di affermazione professionale, va osservato un aspetto molto particolare.

Quel lontano (vicino?) giorno del 1994, nel caldo dell’estate romana, a sfilare organizzati e compatti c’erano in particolare gli Infermieri.

Si riconosceva in effetti, fra gli striscioni, qualche sigla medica, più spesso sindacale (che gli Infermieri al tempo non avevano) e qualche altra associazione, sempre medica; ma era difficile distinguere nella massa l’appartenente ad altre categorie.

Eppure, a conferma della forza trainante di questa nostra categoria, che per me è potenzialmente enorme, e capace di cambiare le cose se solo riuscisse a vivere di connessioni profonde, e se – soprattutto - si riconoscesse come ‘’gruppo’’, ecco: quel 14/9/1994 vennero varati ANCHE i ‘profili’ di queste professioni sanitarie, che vi elenco:

 

-Ostetrica (DM 740)

-Podologo (DM 666)

-Fisioterapista (DM 741)

-Logopedista (DM 742)

-Ortottista (DM 743)

-Tecnico Audiometrista (DM 667)

-Tecnico Sanitario di Radiologia (DM 746)

-Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico (DM 745)

-Tecnico Ortopedico (DM 665)

-Tecnico Audioprotesista (DM 668)

-Dietista (DM 744)

 

Contateli: sono 11. UN-DI-CI!!

Sono pronto a scommettere che quel giorno a Roma mancarono sicuramente gli esponenti di quasi tutte queste categorie: eppure il Parlamento, sollecitato ‘’a gran voce’’ e con la presenza fisica da uno straordinario numero di Infermieri, varò anche per loro il testo del cambiamento, della nuova normativa; la conferma che - dentro il Comparto, che ci va sicuramente strettissimo - siamo una forza, che spesso proprio noi per primi non sottolineiamo abbastanza nella pratica di ogni giorno, per molti motivi e aspetti.

 

Aspetti molteplici che questo contributo, ora, non affronta per non compromettere lo spirito del ricordo di una manifestazione che sì, ebbe successo, fu vincente, ed ottenne ed incassò quanto avanzato come richiesta: e non solo per gli Infermieri.

Questo è un fatto.

Oggi, venti anni dopo, sono ancora motivato, e anche convinto che ci siano tanti passi da compiere perché alla parte normativa seguano –appunto- molti più fatti concreti.

Saremo in grado di tornare a Roma? O i social - che ci aiutano moltissimo nei contatti - ci stanno inchiodando alle sedie, e ci vedono solo capaci di condivisioni che dovrebbero invece essere reali, nella vita ‘esterna’ agli schermi?

Ce la possiamo fare ancora.

 

Poche righe infine per parlare del ‘’profilo’’ che, con l’ordinamento didattico e formativo e con il codice deontologico rappresenta (per tutte le professioni sanitarie) la fonte di riferimento normativo.

 

A tratti un po’ troppo vago, in altri passaggi caratterizzato da concetti vasti, importanti ed estesi come ‘’l’Infermiere è il responsabile della assistenza generale infermieristica’’, è uno strumento che deve essere conosciuto e calato nella quotidianità.

 

Mi piace ricordare una piccola vittoria del nostro impegno quando, a fine 1999, ‘’morto’’ finalmente il mansionario (che vivrà infatti altri cinque anni da quel 1° luglio, in contrastante convivenza normativa col profilo, per essere finalmente eliminato dalla Legge 42/99), una dirigente infermieristica del nostro territorio volle emettere un ordine di servizio, teso al trasporto di deceduti, assegnato ad alcune colleghe.

Le quali non si limitarono alle troppo frequenti invettive di cucinetta, ma ci raggiunsero in Collegio per chiedere supporto.

Fu proprio l’analisi (del nostro legale) del nuovo profilo che promosse le nostre successive note, e i richiami (anche mediatici) risolsero il problema: perché ‘’…non compete agli Infermieri il trasporto delle salme, visto che sono formati, assunti e retribuiti per l’assistenza ai vivi, DELLA QUALE SONO I RESPONSABILI (art 1 DM 739/94)’’.

Mettemmo sui forum professionali la storia, e venimmo raggiunti da richieste di informazioni da tutta Italia, dal Brennero a Lampedusa…

 

Un grande saluto a tutti quelli che erano allora a Roma con me, che sono naturalmente di vent’anni più grandi, dunque più vecchi, ma anche più esperti, certo: e spero non troppo stanchi per cercare ancora una… aggiornata risposta agli slogan di allora.

Oggi i giovani escono dall’Università e non sanno, non sempre, che per entrarci i loro colleghi hanno lottato a lungo.

Vecchi, giovani, motivati, delusi, combattivi, inerti, demansionati, grintosi e sfiniti, iperconnessi e non: c’è di tutto in questi 420.000 Infermieri, che potrebbero partire dal ricordo di un risultato raggiunto per coagulare l’ulteriore, necessario, indispensabile impegno.

 

Sono assolutamente d’accordo con chi vuole abbassare l’età media di chi si occupa di questioni professionali (in Collegio e non solo): ma credo che la storia e l’esperienza siano utili, se combinate con l’entusiasmo e la forza dei giovani.

 

Auguri a tutti, con affetto e serena colleganza.