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Rapporto 2015 OCSE. Sempre basso il numero d'infermieri pro capite in Italia

Elsa Frogionidi
Elsa Frogioni
Pubblicato il: 05/11/2015 vai ai commenti

Contenuti InterprofessionaliEditoriali

Gli infermieri in attività, in Italia, sono rari, al 24° esimo posto su 34 Nazioni appartenenti all’OCSE, in rapporto alla numerosità percentuale per 1000 abitanti.

Il dato risulta nel rapporto annuale Rapporto Health at a Glance 2015, (OCSE) Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Tra gli obiettivi di questo importante organismo internazionale, nato subito la seconda guerra mondiale nel 1948, la comparazione e lo sviluppo armonico, economico e sociale di tutti i paesi aderenti, tra i paesi fondatori:

  • Italia
  • Austria
  • Belgio
  • Lussemburgo
  • Danimarca
  • Francia
  • Svizzera
  • Grecia
  • Norvegia
  • Paesi Bassi
  • Portogallo
  • Regno Unito
  • Irlanda
  • Svezia
  • Islanda
  • Turchia

Dagli anni ’60, entrano a far parte dell’OCSE numerose altre Nazioni che vedono una grande opportunità nel confronto comune e dibattito sulle politiche economiche e sociali, entrano così:

  • Repubblica Federale Tedesca
  • Spagna
  • Canada
  • Stati Uniti
  • Giappone
  • Finlandia
  • Australia
  • Nuova Zelanda
  • Messico
  • Corea del Sud
  • Repubblica Ceca
  • Polonia
  • Ungheria
  • Slovacchia
  • Cile
  • Estonia
  • Israele
  • Slovenia

Nelle 5 tabelle che indagano gli indicatori delle performance, livello di cure e assistenza erogati da questi paesi, nella *Tabella 1 STATO DI SALUTE, osserviamo che l’Italia mantiene una buona performance rispetto :

  • Aspettativa di vita alla nascita (uomini) 3° posto, per le donne il 4° posto
  • Aspettativa di vita a 65 anni (uomini) 8° posto, per le donne il 4° posto (….recuperiamo alla grande!..)

La classifica non è invece confortante sul fronte della mortalità per patologie cardio vascolari, siamo al 17° posto. Tra gli ultimi posti su questi items, la Turchia, la Repubblica Slovena e Ceca, il Cile, la Polonia, l’Ungheria, il Messico e gli Stati Uniti. Ai vertici la Svizzera è al 1° posto come aspettativa di vita sia alla nascita che a 65 anni di età per gli uomini, ottima la performance per la Francia con il 2° posto nell’aspettativa di vita a 65 anni e per la mortalità per le malattie cardiovascolari, molto bene anche la Spagna e l’Australia, con una classifica media, migliore della nostra; mentre deludenti e degne di nota, le performance di Germania, Regno Unito, visto che spesso vengono citate a modello di eccellenza, per la gestione organizzativa dei servizi sanitari, è conveniente una riflessione. La qualità dei dati è affidabile? Ad esempio, salta agli occhi, la Corea con il 5° posto per aspettativa di vita a 65 anni e il 4° per la mortalità per patologie cardiovascolari; anche in Italia, quest’ultimo dato, potrebbe essere falsato se proveniente dai certificati di morte redatti dai medici preposti. È noto che la loro aderenza alla realtà clinica  e veridicità sia spesso scarsa, abitualmente la causa di morte riporta Arresto Cardio Circolatorio, questo può fuorviare il dato complessivo, inficiare, la reale patologia che ha determinato la morte della persona.


Nella *Tabella 2 FATTORI DI RISCHIO, tragico rischio prognostico per l’Italia,  pessimo risultato, 31° posto tra i 34 paesi OCSE, sull’indicatore di salute, OBESITÀ E SOVRAPPESO NELL’INFANZIA. Questo dato è inquietante, dimostra il fallimento delle politiche sanitarie sul fronte della corretta educazione e prevenzione negli stili di vita. Le evidenze scientifiche concordano sulla maggiore probabilità che bambini obesi e in sovrappeso possano manifestare nell’età adulta, patologie metaboliche invalidanti. E' paradossale per l’Italia, proprio ora appena concluso, con innegabile successo di pubblico l’EXPO, centrata sul diritto al cibo, per tutti gli uomini, che con il suo fiore all’occhiello della “dieta mediterranea”, emblema di corretta alimentazione a livello mondiale, si presenti con questo tragico dato. È urgente porvi rimedio con scelte strategiche adeguate! Peggio di noi, su questo problema gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Grecia.

Alla *Tabella 3 ACCESSO ALLE CURE, primato negativo, siamo tra gli ultimi, con il 21° posto nella classifica che prende in esame la percentuale delle famiglie (> al 90%) che deve spendere di tasca propria per ottenere cure sanitarie. Nell’estremità inferiore anche i dati relative all’’insoddisfazione rispetto ad esigenze di cura mediche e dentistiche, rispettivamente al 20° e 21° posto. Non pervenuti dall’Italia i dati riguardanti i tempi medi d’attesa, per gli interventi di cataratta e di protesi del ginocchio; sorridevo tra me, mentre riflettevo sul perché di questa defezione; certo l’Italia si trova nella stessa identica condizione di altri paesi che hanno mancato l’acquisizione di questi dati. Chiaro è, specialmente per la popolazione, che l’universalismo delle cure propugnato dalla preponderanza di queste Nazioni, è decisamente discriminante su vari ambiti medici, sulle quali si attende, ormai da lungo tempo, che si pongano regole di equità e uniformità.

La Tabella 4 indaga la QUALITÀ DELLE CURE; in questo settore l’Italia, mostra dei risultati molto buoni negli indicatori che esaminano i ricoveri ospedalieri evitabili e tassi di letalità, le ammissioni in ospedale per: asma e BPCO, diabete, Letalità post-ricovero per: IMA (infarto miocardico acuto), Stroke Ischemico. Mentre osserviamo una certa discrepanza per i tassi di sopravvivenza per il cancro, l’Italia è ancora con un ottima performance per la sopravvivenza nei tumori della cervice; in netto contrasto con i dati per la sopravvivenza nei tumori della mammella e colon-rettale, che lasciano un po’ interdetti, siamo al centro della classifica con il 15° e 12° posto. Questo dato non è soddisfacente, visto che la prevenzione primaria, secondaria e le cure per questi tumori, sono ormai all’avanguardia per garanzia di successo, ci chiediamo come mai l’Italia si trovi con questi esiti poco edificanti, evidentemente le strategie messe in atto per queste patologie tumorali, dal Servizio Sanitario, non sono sufficienti oppure carenti.

In conclusione la *Tabella 5 RISORSE SANITARIE DISPONIBILI, indaga la posizione di ciascun paese, classificato dalla spesa sanitaria più elevata o più bassa e la disponibilità di risorse umane, professionali; anche se questo, però, non significa necessariamente migliori prestazioni assistenziali. È qui che si conferma l’Italia, tra gli ultimi posti in numero di infermieri pro capite, 24° posto, dato analizzato per 1000 abitanti. Siamo in “buona compagnia”, peggio di noi il Cile, la Grecia, Israele, la Corea, Polonia, Spagna e ultima in classifica con il 34° posto la Turchia.

Diamo ora la classifica OCSE, della migliore stima di quantità d’infermieri pro capite:

3° posto Danimarca

2° posto Norvegia

1° posto Svizzera (The Winner!)

In compenso, (quale?), abbiamo in Italia, la categoria medica che per quantità, si trova molto alta in classifica, infatti tra i 34 paesi, ottiene l’8° posto, in misura di numero di medici pro capite (1000 abitanti). La classifica vede invece al 1° posto, per quantità di medici per abitanti la Grecia, al 2° posto l’Austria e per 3° posto la Norvegia.

In ultima analisi, credo che una triangolazione statistica di questi dati, con la preoccupante carenza infermieristica in Italia, possa ben sottolineare, che il solo indicatore di salute, Nurse per capite active, influenza negativamente tutte le performance degli altri indicatori di salute proposti dall’OCSE.

Il numero insufficiente d’infermieri, in alcuni settori strategici, come la gestione delle cronicità, influenza grandemente, la qualità di vita nelle fasce di età maggiori ai 65 anni e i tassi di letalità dell'IMA e Stroke ischemico. L’Italia ha la possibilità di dare una svolta alle proprie politiche sanitarie, soddisfare la sempre maggiore richiesta di salute, senza tagliare servizi si può e si deve. La ricetta è semplice, utilizzare le competenze delle 22 professioni sanitarie, tra cui gli infermieri, che sono in spasmodica attesa da anni, ai blocchi di partenza.

Resta solo una domanda, a chi fa comodo e perché, ostacolare il naturale progresso delle competenze dei professionisti sanitari? Dai Governi Regionali e Nazionale,  attendiamo delle risposte.

Fonti approfondimenti:

Sintesi IPASVI rapporto OCSE

Quotidiano Sanità nuovo rapporto OCSE

Rapporto OCSE 2015 (testo completo in lingua inglese)

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