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Le vostre Tesi: L 'utilizzo e gli effetti dei placebo come terapia alternativa del dolore

Isabella La Pumadi
Isabella La Puma
Pubblicato il: 12/06/2023

Studenti infermieri

Infermieristicamente aiuta gli studenti con le loro tesi. Pubblichiamo e divulghiamo i vostri questionari in modo da farvi avere più risposte possibili, quindi più dati da utilizzare! Oggi aiuteremo Maggie Zeneli, una laureanda in Infermieristica presso l'Università degli Studi di Firenze, sede di Pistoia. La nostra futura collega necessita di informazioni su quelle che sono le conoscenze degli operatori sull'utilizzo e gli effetti dei placebo come terapia alternativa del dolore.

Nonostante l’assenza di effetti intrinseci, il placebo può portare benefici al soggetto che lo assume. Le ragioni di questo fenomeno vanno ricercate in aspetti neurobiologici e psicologici come l’autosuggestione. La fiducia del soggetto nell’effetto curativo del trattamento può infatti tradursi in un beneficio sul piano terapeutico.

Si parla di effetto placebo quando una "finta cura", di per sé priva di effetto terapeutico, produce un miglioramento delle condizioni del paziente. Sono diversi i campi in cui si sta indagando l’effetto placebo, come ad esempio la gestione del dolore neuropatico. Il dott. Marco Lacerenza, Responsabile della Medicina del dolore in Humanitas San Pio X e uno degli autori dello studio “What Is the Role of the Placebo Effect for Pain Relief in Neurorehabilitation? Clinical Implications From the Italian Consensus Conference on Pain in Neurorehabilitation” sostiene che l’effetto placebo si esplica attraverso un processo complesso, che comprende fattori fondamentali, primo fra tutti la relazione medico-paziente o infermiere-paziente; giocano poi un ruolo centrale le aspettative nel paziente e il setting ovvero il contesto all’interno del quale il soggetto si predispone a rispondere a uno specifico trattamento. Contano poi aspetti quali l’assetto psicologico del paziente, le sue precedenti esperienze, il suo rapporto con il dolore e non per ultimo la componente genetica: alcune persone sono infatti più predisposte di altre verso l’effetto placebo”, ha spiegato il dottor Lacerenza.

L’effetto placebo sta suscitando un crescente interesse nel campo della gestione del dolore nei pazienti con disturbi neurologici. I trattamenti di neuro-riabilitazione possono essere ritardati od ostacolati dal dolore, la cui gestione potrebbe essere particolarmente difficile in quanto i trattamenti disponibili possono fornire solo un moderato sollievo a fronte di diversi effetti collaterali indesiderati. In questo contesto, la conoscenza dei meccanismi dell’effetto placebo si rivela importante perché può migliorare l’efficacia delle cure. Nei lavori esplorati si evince che a seconda del tipo di dolore, si osserva un effetto placebo di entità diversa. Per esempio, i pazienti con dolore neuropatico cronico (la cui gestione è molto difficile), sono meno responsivi al placebo rispetto ai pazienti con cefalea; così come il dolore neuropatico periferico risponde in maniera leggermente migliore al placebo rispetto a quello conseguente a una lesione del sistema nervoso centrale”, ha sottolineato lo specialista.

È stato ampiamente dimostrato che la somministrazione di un farmaco analgesico attraverso una comunicazione empatica che tenga conto delle aspettative del paziente e del contesto risulti nettamente più efficace della somministrazione dello stesso farmaco in modo neutro. La dimensione psicologica è infatti fondamentale quando si parla di cura del dolore cronico. L’effetto placebo usato intenzionalmente può dunque potenziare l’efficacia dell’assistenza perché costituisce il processo attraverso il quale la relazione medico-paziente diventa terapeutica.

La laureanda Maggie Zaneli ci chiede quali esperienze abbiamo in merito all’utilizzo dei placebo nella gestione del dolore, rispondete dunque numerosi al suo sondaggio qui per aiutarla a raccogliere più dati su questo interessante argomento.