Voglio andarmene: cosa spinge davvero gli infermieri a mollare
Un nuovo studio svela le ragioni profonde che spingono gli infermieri a voler lasciare la professione. Spoiler: non è solo questione di carichi di lavoro.
Non è un singolo episodio. È l’accumulo. È il logorio quotidiano. È la sensazione, sempre più presente, che nessuno ascolti davvero.
È da qui che nasce l’intenzione di andarsene, secondo uno studio qualitativo che ha raccolto 350 racconti di eventi critici da parte di 187 infermieri.
Lo studio, parte di una più ampia ricerca a metodi misti, ha usato la Critical Incident Technique per individuare quei momenti, quelle crepe nel quotidiano, che hanno fatto vacillare la tenuta emotiva e professionale del personale infermieristico.
Quattro ferite aperte: cosa spinge davvero a mollare
Dall’analisi dei racconti sono emersi quattro temi ricorrenti:
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Lavorare con vincoli: turni massacranti, carenza di personale, assenza di risorse.
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Sentirsi abbandonati: da colleghi, superiori, istituzioni.
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Cure compromesse: l’impossibilità di garantire la sicurezza dei pazienti.
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Imprevedibilità costante: reparti cambiati all’ultimo, gestione caotica, mancanza di pause.
A legare tutto, una sensazione di invisibilità: gli infermieri non si sentono rispettati, né come professionisti né come persone.
Non è un capriccio, è una resa
L’idea di andarsene non nasce da un colpo di testa. È un pensiero che matura giorno dopo giorno, di fronte a situazioni che non migliorano, nonostante gli sforzi.
Molti partecipanti hanno raccontato di tentativi concreti di cambiare le cose: parlare con la direzione, proporre soluzioni, cercare confronto. Tentativi che sono caduti nel vuoto. Alla fine resta la frustrazione di chi non può più lavorare secondo i propri valori professionali.
L’assenza più dolorosa: il rispetto
Uno degli elementi più ricorrenti e sorprendenti è stato il mancato riconoscimento professionale. Non solo in termini economici, ma in gesti concreti:
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Essere ignorati nelle decisioni cliniche.
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Essere spostati in reparti sconosciuti senza preavviso.
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Non ricevere feedback, né positivo né costruttivo.
La letteratura distingue tra rispetto di riconoscimento (il diritto alla dignità) e rispetto di valutazione (il riconoscimento delle competenze). A mancare, nei racconti degli infermieri, è soprattutto il secondo.
Un rapporto malato con la direzione
Molti infermieri sentono una frattura netta con il management. Una distanza fatta di silenzi, decisioni calate dall’alto, logiche economiche che prevalgono sulla qualità dell’assistenza.
Il supporto percepito da parte dell’organizzazione è scarso. E quando manca questo, l’intenzione di andarsene aumenta in modo significativo, come dimostrato da numerosi studi recenti.
Quando il paziente non è più al sicuro
Molti degli episodi raccontati ruotano intorno alla compromissione della sicurezza del paziente: cadute, errori, negligenze involontarie. Non per disinteresse, ma per impossibilità materiale di intervenire.
Il risultato? Un senso di colpa che logora. Gli infermieri si sentono moralmente responsabili di eventi evitabili, perché il contesto non permette loro di fare bene il proprio lavoro.
Stanchezza cronica, zero pause, salute mentale a rischio
La pandemia ha lasciato un’eredità pesante: depressione, ansia, insonnia, esaurimento fisico ed emotivo.
La mancanza di pause e pasti è una delle criticità più frequenti. Studi recenti dimostrano che pause adeguate riducono errori, aumentano il benessere e migliorano la qualità assistenziale. Eppure, per molti infermieri, anche prendersi 10 minuti è un lusso.
Le soluzioni ci sono. Serve la volontà.
Lo studio sottolinea che le strategie per migliorare l’ambiente lavorativo non mancano. Sono state proposte da anni, già nei primi anni 2000, ma spesso ignorate o abbandonate.
Qualche esempio pratico?
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Coinvolgere gli infermieri nei comitati decisionali.
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Garantire copertura di reparto durante le riunioni.
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Manager che parlano con il personale direttamente ("leadership by walking around").
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Utilizzare strumenti come le stay interview per capire cosa funziona e cosa no.
Anche il recente Toolkit sulla ritenzione infermieristica di Health Canada insiste su empowerment e leadership come leve centrali.
Un futuro a rischio (ma recuperabile)
Se non si interviene, la carenza di infermieri continuerà a peggiorare. Ricostruire una forza lavoro forte richiede tempo, ascolto e investimenti reali.
Molti dei partecipanti allo studio hanno affermato che sarebbero rimasti, se solo fossero state prese misure minime per ascoltarli e supportarli.
È tempo di smettere di chiedere agli infermieri di “resistere” e iniziare ad agire. Prima che sia troppo tardi.