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Infermieri sempre più pronti a lasciare: ecco cosa li spinge ad andarsene

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 02/07/2025

Professione e lavoroStudi e analisi

 

Un’indagine italiana indaga le vere cause della “intention to leave” tra gli infermieri e avverte: non basta parlare di carenza di personale, bisogna intervenire prima che le intenzioni diventino dimissioni.

 La crisi silenziosa del sistema sanitario italiano potrebbe avere un indicatore più affidabile dei numeri ufficiali: si chiama “intention to leave” (ITL), ed è il segnale preoccupante che sempre più infermieri stanno pensando di andarsene. Non si tratta ancora di dimissioni, ma è il primo passo verso l’uscita.

Uno studio pubblicato sulla rivista Assistenza infermieristica e ricerca, firmato da un gruppo di ricercatori delle Università di Roma Tor Vergata e Torino, in collaborazione con l’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, mette sotto la lente proprio questo fenomeno: l’ITL, ovvero l’intenzione espressa dai professionisti sanitari di lasciare il proprio posto di lavoro, cambiare azienda o abbandonare del tutto la professione.

Dal pensiero all’azione: quanto pesa l’ITL

Secondo lo studio, tra il 10% e il 30% degli infermieri che dichiarano l’intenzione di lasciare finiscono per farlo davvero. Il dato non sorprende, soprattutto dopo la pandemia di Covid-19, che ha esasperato un disagio già presente, portando molti operatori al limite per carichi di lavoro insostenibili, burnout e scarsa valorizzazione professionale.

“L’ITL è un indicatore prezioso perché consente di intervenire prima che il danno sia fatto”, spiega Chiara Gammarota, prima autrice del lavoro. “Misurare questa variabile aiuta a prevedere il turnover e agire sulle cause”.

Tre livelli di abbandono: reparto, azienda, professione

Lo studio distingue chiaramente tre livelli di intenzione a lasciare:

  1. Micro – cambio di reparto o unità operativa;

  2. Meso – uscita dall’azienda o passaggio alla libera professione;

  3. Macro – abbandono della professione infermieristica.

A ciascun livello corrispondono motivazioni diverse, che spaziano dal malessere organizzativo, alla ricerca di un ambiente più stimolante, fino alla completa disillusione nei confronti del proprio lavoro.

Chi vuole andarsene? I giovani, soprattutto

I più inclini a esprimere ITL sono gli infermieri più giovani, con meno anni di esperienza, che spesso si sentono poco sostenuti, sottopagati e privi di prospettive di crescita. Ma non sono gli unici. Anche i professionisti più esperti, specie in reparti ad alta intensità come terapia intensiva e pronto soccorso, sono a rischio: l’insoddisfazione e lo stress cronico minano la volontà di restare.

Cosa c’è dietro l’intenzione di lasciare?

Le cause? Sono multidimensionali. Se i motivi personali (es. conciliazione vita-lavoro) giocano un ruolo, è il contesto lavorativo a incidere maggiormente. Mancanza di riconoscimento, condizioni organizzative critiche, carenza di personale, poche opportunità di avanzamento e relazioni difficili con colleghi e superiori sono tra i fattori più citati.

Il caso italiano: dati allarmanti già da prima del Covid

Non si tratta di una novità dell’era pandemica. Già nel 2008, il 21% degli infermieri under 45 dichiarava l’intenzione di lasciare. Nel 2019, lo studio RN4CAST rilevava che il 35,5% degli infermieri italiani di area medica e chirurgica voleva cambiare ospedale, e l’11,6% intendeva abbandonare la professione.

Durante la pandemia, quasi la metà degli infermieri di reparti di medicina ha dichiarato di voler lasciare l’ospedale entro un anno. Lo stipendio inadeguato, la fatica emotiva e la sensazione di non poter garantire cure sicure sono le principali cause di questa fuga annunciata.

Turnover fuori controllo: il sistema è a rischio

Nel biennio 2020-2021, in Veneto il turnover medio degli infermieri ha toccato il 18,1%, ben oltre il “fisiologico” 5-10%. Questo ricambio continuo ha costi enormi: rallenta le attività, danneggia il clima di squadra e impatta sulla qualità delle cure. E non è solo un problema locale: in Italia si stima che il 95% dei posti lasciati venga rimpiazzato, ma con forti disparità regionali e senza reali strategie di retention.

Prevenire invece che inseguire

Cosa fare, allora? Gli autori propongono un cambio di paradigma: monitorare sistematicamente l’ITL, distinguere tra i diversi livelli di abbandono e intervenire tempestivamente. Serve una gestione strategica del personale, con strumenti predittivi, indagini periodiche e cruscotti aziendali per tenere sotto controllo il rischio di uscita.

Ma non basta contare chi vuole andarsene. Occorre agire sul clima interno: migliorare i turni, investire nelle competenze, dare voce agli infermieri nei processi decisionali. Solo così, conclude lo studio, si può pensare a una sanità in cui gli infermieri scelgano di restare. Per convinzione, non per rassegnazione.

 

da: Gammarota C, Clari M, Di Giulio P, Paleologo M, Dimonte V, Frigerio S. Intention to leave e turnover degli infermieri: analisi critica della misurazione e interpretazione del fenomeno. Assist Inferm Ric 2025;44(2):77-85. doi 10.1702/4514.45120