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Klebsiella , il batterio che silenziosamente avanza in Italia. A Brindisi 19 morti sospette

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 21/10/2015 vai ai commenti

Nursing

Dal Fatto Quotidiano . A causare le diciannove morti sospette , tredici nel 2013 e altre sei quest’anno negli Ospedali Perrino di Brindisi e nel Centro Neurolesi di Ceglie Messapica potrebbe essere stato il batterio Klebsiella. Ad oggi da maggio a settembre di quest’anno si contano 37 casi di infezione, così la Procura ha deciso di vederci chiaro.

Le cronache e non solo, da tempo riportano casi di morti sospette di cui  i responsabili spesso sono le Infezioni Ospedaliere; ma cosa sta succedendo negli ospedali Italiani, dove il meccanismo si è inceppato facendoci ripiombare nel medioevo sanitario? Se in merito a protocolli standardizzati e misure di prevenzione abbiamo fatto passi da gigante, qualcosa nella catena non funziona.

 Si ha l’impressione di essere ripiombati al tempo in cui  Alexander Fleming

non aveva ancora scoperto la penicillina, quando quel senso di frustrazione e rassegnazione pervadeva gli animi degli operatori sanitari, disarmati di fronte alle infezioni. Oggi lo stesso senso di sconforto lo si ha nei confronti delle infezioni da Klebsiella pneumoniae , una vera e propria spada di damocle che pende su unità operative come le rianimazioni e le chirurgie. La Klebsiella  pneumoniae è un batterio che colonizza l’intestino dei portatori e che assume doppia valenza, infatti da innocui microrganismi che convivono pacificamente con l’uomo, possono trasformarsi in feroci assassini, ne momento in cui in un soggetto immunodepresso invadono distretti differenti da quelli abituali, come polmoni e vie urinarie, dando vita e vere e proprie setticemie; la contaminazione avviene per via aerea da persona a persona o tramite l’utilizzo di dispostivi medici come cateteri venosi centrali o apparecchi per la ventilazione assistita.

La pericolosità della Klebsiella sta nel fatto che come molti batteri hanno sviluppato una sorte di antibiotico- resistenza e quel che più spaventa è che negli ultimi tre anni in Italia la quota di quelli che non rispondono nemmeno agli antibiotici denominati da “ultima spiaggia” è passata dal 15% al 27%.

Domenique Monnet, coordinatore del settore“Resistenza agli antimicrobici e infezioni associate all’assistenza sanitaria” del Centro Europeo per il controllo delle Malattie, dichiara che in più di un terzo dei Paesi europei negli ultimi quattro anni, più del 60% dei ceppi di Klebsiella isolati nel sangue non rispondono alle cure abituali, e che per questi malati non rimane che usare degli antibiotici detti Carbapenemi;  inoltre nel 2001 è stato riportato il primo caso di K.Pneumoniae resistente a questi ultimi, la resistenza ai carbapenemi è conferita da enzimi denominati carbapenemasi, codificati da geni plasmidici e di conseguenza trasferiti molto facilmente da un batterio all’altro(i plasmidi sono piccole sequenze di Dna circolare che i batteri possono trasferire da una cellula all’altra, non necessari alla sopravvivenza, ma portatori di geni per tossine e resistenza ai farmaci), anche di specie diverse.Sono soldati che possono moltiplicare i fucili passandoseli di mano in mano  con una crescita a dismisura dell’esercito armato dei batteri.

 

Il trattamento di batteri produttori di carbapenemasi richiede l’utilizzo di diversi antibiotici ad elevati dosaggi e nonostante tutto la mortalità risulta elevata.

La variante che ha portato ad una resistenza anche ai carbapenemasi è data da un uso inappropriato degli antibiotici che in Italia è molto frequente, con grandi differenze tra regione e regione purtroppo con accento negativo per il Sud.

Abbiamo quindi trovato il primo interruttore spento nella catena della prevenzione delle infezioni ospedaliere: l’abuso dei farmaci che ha creato il batterio killer . E’ un trend che sta prendendo piede sia in Italia che in Europa e questo in termini di spending  review è una pistola alla tempia oltre ad aver dato vita a questo nuovo batterio al quale spesso si è costretti ad arrendersi per la sua prognosi severa  ed infausta.

L’abuso di farmaci/antibiotici  inappropriati e contro ogni evidenza scientifica è in termini monetari  un costo elevato, il costo si quadruplica quando bisogna ricorrere ad altri antibiotici per fronteggiare le infezioni antibiotico resistenti; a questo costo si aggiunge quello degli esami strumentali ed ematici , quello degli aumentati  giorni di degenza.

Se da una parte in barba alla spending review continuiamo a spendere in antibiotici senza criterio, dall’altra parte quella stessa spending review ha dimezzato le risorse nei nostri ospedali sia in termini di presidi e dispositivi di protezione sia in termini di risorse umane.

L’unica pratica che dovrebbe essere messa in pratica negli ospedali per poter arginare il problema, ovvero quello di isolare in apposite stanze i pazienti con una équipe di infermieri dedicati che non trattino altri pazienti, in modo da non tramettere a questi ultimi  i ceppi resistenti, oggi non è prevista se non i rarissimi casi. Mancano le stanze per gli isolamenti, manca il personale sanitario, mancano gli infermieri.

 L’esempio di come poco ci voglia per tenere sotto controllo l’epidemia da Klebsiella resistente ai carbapenemici arriva da Israele che ha provveduto con un isolamento a coorte ed uno staff dedicato.

Il nostro governo risparmia, ma al solito risparmia laddove dovrebbe investire, in strutture e risorse umane, e questo modus facendi  è la causa principale dell’aumento delle “morti sospette”.

Il nostro apporto è fondamentalenon solo mettendo in atto quelli che sono i processi standardizzati atti ad eliminare i fattori di rischio nelle trasmissioni delle infezioni ma anche e soprattutto in termini numerici dobbiamo essere presenti nelle U.O. I tagli al personale ed il maggior carico di lavoro su quello che resta, rischia di far trascurare  anche le minime misure igieniche necessarie a frenare il dilagare di queste ed altre resistenze.

Una Circolare Ministero della Sanità n.52/1985 “lotta contro le infezioni ospedaliere”(novellata con circolare n.8/1988) individua l’infermiere coma la “figura fondamentale per la sorveglianza delle infezioni ospedaliere” e si introduce il sistema di vigilanza attiva delle IO(infezioni ospedaliere).

Ecco che nonostante si possano attivare tutti i protocolli esistenti se non andiamo alla base eliminando l abuso degli antibiotici e rafforzando il numero del personale sanitario nelle nostre corsie, presto il fenomeno esploderà.

Intanto nel Brindisino la Asl hanno istituito una task force operativa da oggi mercoledì 21 ottobre, per verificare quali possano essere stati i fattori che hanno provocato le infezioni e prevenire nuovi focolai, all’interno della task force sono previsti due professionisti esterni all’Azienda sanitaria locale, esperti in igiene pubblica e rischio clinico.

L’inchiesta chiarirà se vi è un legame tra il batterio e i decessi avvenuti dal 2013 ad oggi. Sono state acquisite le cartelle cliniche di pazienti ricoverati nei reparti di Oncologia, Geriatria, Ematologia, Grandi ustioni e Rianimazione nel 2013.

Inoltre nel 2013 il Ministero ha disciplinato la materia stabilendo i tempi in cui i casi di infezioni vanno segnalati al dipartimento di prevenzione, ovvero entro 48 ore dal verificarsi dell’episodio,  mentre a Brindisi i 37 casi di infezione verificatesi da maggio a settembre sono stati segnalati solo il 5 ottobre.

Questo e altro dovrà chiarire l’inchiesta. Perché  la segnalazione fatta nei tempi previsti avrebbe potuto salvare qualche vita umana.

Quanto ci costerà ancora questo modo di fare, specie in vite umane?

E’ arrivato il momento di invertire la rotta ed investire in maniera corretta nella nostra sanità, perché rischiamo di fare un grande passo indietro e di vanificare tutti i progressi fatti fino a qui che ci hanno permesso di sconfiggere le malattie infettive.

Bibliografia:

Saperescienza-klebsiella pneumoniae: la doppia faccia dei batteri.

 Corriere.it Salute: approfondimenti