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Prima che sia, di un nuovo, il 12 maggio

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La Redazione
Pubblicato il: 24/04/2019 vai ai commenti

Editoriali

di Roberto Amerio, membro del Direttivo Nazionale NurSind

 

 

Si avvicina come ogni anno, inesorabile e severo il 12 maggio. Un giorno speciale per gli infermieri, un giorno che vorrei più di riflessione che di autocelebrazione.

 

Chi sono oggi gli infermieri? Chi siamo nel nostro vivere quotidiano? Ed il 12 maggio è la festa degli infermieri o forse è un’occasione per ribadire chi siamo e per celebrare chi crede in noi e nella nostra professione?

 

Partirei proprio da qui, è la festa degli infermieri che rivendicano: spazi, autonomia, autodeterminazione e lottano ogni giorno per essere infermieri o è la festa di chi supinamente accetta di lavorare in condizioni allucinanti con uno stipendio da fame?

 

E’ la festa di chi si ribella o è la festa di chi scrive regole e codici affinché ciò non avvenga?

 

E’ la festa di chi spesso da dietro una scrivania si sente infermiere nei giorni comandati e durante i simposi, rivestendo subito dopo gli abiti di chi chiede ed impone scelte gestionali improponibili?

O forse è anche, e soprattutto la festa di tutti quelli, magari pochi, che sanno chi sono gli infermieri e ne celebrano ogni giorno il rispetto anche a costo di pagarne caro prezzo: eroi moderni capaci di caparbietà e di tenacia oggi quasi desueti.

 

Partirei proprio da qui, se c’è speranza è perché talvolta piccole persone scelgono di andare contro: contro una macchina fatta di ingranaggi più grossi e potenti e spesso lo fanno isolate e silenti nel disinteresse globale.

 

Così prima che sia, di nuovo il 12 maggio, vorrei ricordare la storia di Ornella Rodà.

Ornella Rodà è un OSS, la prima volta che l’ho incontrata mi ha stupito per quanta determinazione ci potesse essere in una figura minuta, segnata ma mai arrendevole.

Le sue parole mi stupirono, perché esprimevano una posizione chiara e determinata: “io non sono un’infermiera, non ho la vostra preparazione e non voglio compiere atti che configurano un abuso di professione per me e rischiano di mettere in pericolo la salute dei pazienti” pronunciò queste frasi tutte d’un fiato quasi a liberarsi.

Mi sembrò il caso più semplice del mondo, quasi banale: un OSS che somministra la terapia (insulina, narcolettici, stupefacenti…) è un fatto gravissimo ma consapevole essere una pratica tollerata e diffusa decisi di sostenerla e di aiutarla.

Un equazione semplice: più tolleriamo chi abusa della nostra professione più neghiamo la possibilità ai giovani colleghi di inserirsi nel mondo del lavoro, lo stesso vale per il quotidiano abuso dello straordinario, della pronta disponibilità e per tutte le ormai consolidate violazioni contrattuali.

Così informai tempestivamente il Presidente del fu IPASVI di Novara VCO dal quale attendo ancora oggi una risposta, ma siccome sono caratterialmente poco paziente contattai telefonicamente la fu presidente Silvestro ed anche in questo caso il risultato fu il medesimo.

Non ottenendo risposte feci nell’ordine una segnalazione all’ASL VCO che nonostante la solerzia e l’impegno profuso non riuscì a provare l’abuso, come si dice le cose che hai sotto gli occhi sono le più difficili da vedere (era sufficiente acquisire il foglio della terapia sottoscritto dagli OSS), poi venne il turno della Procura della Repubblica a cui affidai fiducioso un esposto.

Interrogato per quasi due ore nella locale caserma dei Carabinieri sentii un clima vagamente ostile e la mia segnalazione venne archiviata.

Nel frattempo affrontai un paio di provvedimenti disciplinari a fianco della signora Rodà e del suo avvocato le contestazioni disciplinari si incentravano sul rifiuto della lavoratrice di somministrare la terapia, ma che per i responsabili della casa di riposo non era somministrazione ma aiuto all’assunzione.

I provvedimenti disciplinari sono stati impugnati dinnanzi al giudice di Verbania che li ha confermati scrivendo nelle motivazioni della sentenza che non c’era alcun problema poiché la prescrizione del medico era controllata dall’infermiera e che comunque sia la prescrizione che il nome del farmaco erano scritti in italiano.

Grottesco! La sentenza impugnata dinnanzi alla Corte d’Appello di Torino ha portato all’annullamento del primo provvedimento disciplinare per vizi di forma nella contestazione ma ha confermato nello specifico il secondo ribadendo che se scritta in italiano chiunque può somministrare qualsiasi farmaco pur non conoscendo nulla di farmacologia: insomma l’importante è saper leggere.

Ora saranno, con i tempi biblici della giustizia italiana, i giudici della Corte di Cassazione a stabilire se per la somministrazione di farmaci è sufficiente saper leggere o se lo studio della farmacologia ed il percorso universitario hanno un senso.

Nel ricorso l’avvocato Monica Rossi che rappresenta la Rodà ha ben espresso come l’unicità e l’importanza dell’infermiere è fondamentale garanzia del diritto alla salute costituzionalmente previsto.

Nel frattempo Ornella Rodà si è ammalata, ha superato di un giorno il periodo di comporto ed è stata licenziata.

Ornella, è stata abbandonata da chi doveva aiutarla a sostenere le spese legali e che aveva promesso e promette attraverso mirabolanti tutele attraverso assicurazioni, è stata abbandonata dai suoi colleghi ed accompagnata dal silenzio degli infermieri.

Quanta responsabilità abbiamo tacendo e tollerando queste situazioni?

 Il 12 maggio vorrei che diventasse il giorno dell’orgoglio, della consapevolezza e della denuncia, il giorno degli infermieri e di chi li rispetta per quello che sono e per quello che fanno ogni giorno solo allora il 12 maggio sarà la festa degli infermieri.