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Mobilità dipendenti pubblici. Il trasferimento per ricongiungimento familiare può essere negato? La normativa

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 30/04/2019

Leggi e sentenze

L’art. 42 bis del D.Lgs. 26 marzo 2001, n.151 prevede per i dipendenti pubblici una forma di mobilità volta a ricongiungere i genitori del bambino con età inferiore ai 3 anni, favorendo concretamente la loro presenza nella sua fase iniziale di vita.

Cosa prevede la norma

Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda”.

L’art. 14 – comma 7 della legge n. 124/2015 ha disposto la modifica dell'art. 42-bis, comma 1 prevedendo che il diniego, non solo deve essere motivato, come previsto nella iniziale stesura del testo di legge, ma deve anche essere limitato a casi o esigenze eccezionali.


I presupposti per poter fruire del beneficio sono:

  • entrambi i genitori siano lavoratori con un figlio di età inferiore ai 3 anni;
  • nella sede di servizio richiesta, ubicata nella provincia o regione ove lavora l’altro coniuge, esista un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva.

 

Dati i problemi interpretativi della norma e le notevoli difficoltà di applicazione con conseguenti contenziosi in merito, il Consiglio di Stato ha riformato l’ordinanza di rigetto espressa dal TAR Basilicata, concernente il diniego di assegnazione temporanea con la seguente motivazione: “Ritenuto che l’appello pare presentare sufficienti elementi di fumus boni juris, atteso che dopo la modifica dell’art. 42 bis del D.Lgs. 151/01, per effetto dell’art. 14 c. 7 della L. 124/15, le mere difficoltà organizzative dell’Amministrazione, dovute a carenza di organico, non possono costituire motivi ostativi al riconoscimento del beneficio previsto dalla suddetta disposizione normativa, introdotto dal legislatore a tutela dei minori”.

 

Ulteriori problemi interpretativi sono sorti sull’età del bambino in relazione al periodo di fruizione.
L’assegnazione, anche in modo frazionato, non può superare complessivamente i 3 anni. Se viene, quindi, concessa l’assegnazione temporanea quando il bambino ha 1 anno, la stessa potrà estendersi per un periodo complessivo di 3 anni e cioè fino a quando il bambino avrà 4 anni di età:

l’ambito temporale del beneficio, ovvero se l'assegnazione temporanea in esame debba essere, in ogni caso, limitata fino al compimento dei tre anni di età dei minori” ha fornito il proprio parere, stabilendo che “il limite di età (figli al di sotto dei tre anni) fissato dalla disposizione, è il requisito soggettivo che da diritto al beneficio, determinandone l'arco temporale entro il quale va fatta la richiesta e non il limite entro cui deve necessariamente concludersi l'assegnazione provvisoria”.

Nota n. 192 del 04/05/2004 del Dipartimento della Funzione Pubblica

 

 

 da Inail