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Operatori sanitari in burnout a rischio fibrillazione atriale. Apre sportello per azioni legali e riconoscimento del danno

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 17/01/2020 vai ai commenti

AttualitàStudi e analisi

I lavoratori affetti da Burnout hanno il 20% di rischio in più di sviluppare fibrillazione atriale.
E’ quanto emerso da uno studio pubblicato sulla rivista European Journal of Preventive Cardiology e condotto da un gruppo di ricercatori della California.

Cos’è il Burnout
Entrata ufficialmente nella lista dell’International Classification of Diseases (Icd) dell’Organizzazione mondiale della sanità, la sindrome da Burnout è una particolare tipologia di stress cronico, legata principalmente alle Helping Profession (professioni di aiuto), che comporta uno stato di sofferenza psicofisica del soggetto, unitamente a sentimenti di inadeguatezza professionale, mancata gratificazione professionale, demotivazione ,disinvestimento, risentimento e cinismo rispetto al lavoro e all’utenza”.


Esistono tre tipologie di burnout:


• Burnout classico (o frenetico): il soggetto di fronte allo stress, aumenta il ritmo della sua attività lavorativa sino all’esaurimento psico-fisico.


• Burnout da sottostimolazione (underchallangend): il soggetto è demotivato, insoddisfatto a causa della monotonia e ripetitività del lavoro.


• Burnout da scarsa stimolazione (wornout): il soggetto ritiene il proprio lavoro troppo stressante rispetto al riconoscimento che lo stesso comporta, tenta di porvi rimedio riducendo il proprio ritmo lavorativo e aumentando le distanze emotive rispetto all’utenza (depersonalizzazione).



A questo proposito va sottolineato che lo stress deriva anche dal fatto di esercitare una professione ad alta richiesta, ma su cui spesso si ha scarso controllo (pensiamo a tutte le decisioni organizzative che calano dall’alto e che impattano sulla pratica clinica).
 
I sintomi

• Senso di esaurimento


• Svuotamento di ogni energia


• Distanza mentale dalla propria professione


• Cinismo


• Sentimenti negativi legati al lavoro


• Efficacia professionale ridotta


Incidenza


Ne soffre il 5-10% dei lavoratori, ad essere maggiormente colpite le professioni d'aiuto come Forze dell'Ordine, insegnanti, medici ed Infermieri.


Cos’è la fibrillazione atriale
La fibrillazione atriale è la più comune forma di Aritmia cardiaca ed è caratterizzata dalla presenza di un'attività elettrica atriale disorganizzata, molto rapida e meccanicamente inefficace (l'atrio non si contrae in maniera ritmica e coordinata con l'attività dei ventricoli).

L'incidenza di questa aritmia nella popolazione si aggira intorno all'1%, ma aumenta con l'aumentare dell'età, raggiungendo il 6% nelle persone con più di 60 anni.

Può essere

-permanente (stabile nel tempo)

-parossistica (brevi episodi che si risolvono da soli)

-persistente (episodi prolungati, che richiedono l'intervento medico per essere interrotti).
Durante l'aritmia viene a mancare, come detto, un'efficace e regolare contrazione atriale. Le camere atriali sono praticamente immobili e progressivamente si dilatano. L'attività elettrica atriale rapida (fino a > 400/min.) viene condotta come di consueto ai ventricoli attraverso il nodo atrio-ventricolare, che filtra e riduce la frequenza degli impulsi che lo attraversano. La frequenza ventricolare risulta essere comunque elevata, in genere intorno ai 150-160 battiti al minuto in assenza di terapia, con frequenze istantanee che possono superare i 200/min.
In conseguenza della perdita della capacità contrattile e dell'ingrandimento degli atri, la velocità del sangue nelle camere atriali destra e sinistra diminuisce sensibilmente. Questo rallentamento può portare alla formazione di aggregati di cellule e proteine del sangue (trombi). I trombi si formano prevalentemente in piccola estroflessione degli atri chiamata auricola che rappresenta un residuo embrionale e ancestrale del cuore.
Se questi trombi rimangono a livello atriale non creano problemi, ma spesso parti di essi (emboli) entrano improvvisamente in circolo andando a finire nei polmoni (embolia polmonare), al cervello (ictus), al cuore (infarto miocardico), a livello dei vasi intestinali (infarti intestinali) o renali (infarti renali), degli arti (occlusione acuta con ischemia dell'arto colpito) o di qualsiasi altro organo.

Lo studio
Studi precedenti hanno suggerito che lo stress sul lavoro fosse correlato ad un rischio fino al 79% maggiore di sviluppare patologie cardiache, tra cui infarto e ictus.



I ricercatori hanno valutato la presenza di esaurimento vitale (come veniva definito il burnout, una condizione di eccessiva stanchezza, mancanza di energia, irritabilità e demoralizzazione), di rabbia, l’uso di antidepressivi e il supporto sociale in 11.000 individui. Per 25 anni hanno monitorato l’eventuale sviluppo di fibrillazione atriale (il follow-up mediano è stato di 23,4 anni). In quest’arco di tempo si sono verificati 2.220 casi di fibrillazione atriale. Gli eventi erano correlati all’esaurimento vitale e all’uso di antidepressivi, non alla rabbia e neanche al supporto sociale.
In particolare, i partecipanti con esaurimento vitale più importante, presentavano il 20% di rischio in più di sviluppare fibrillazione atriale. L’esaurimento vitale è associato ad un aumento dell'infiammazione e ad una maggiore attivazione della risposta fisiologica allo stress nell’organismo.

Se questi due aspetti si cronicizzano si possono verificare danni a carico del tessuto cardiaco a causa dei quali si potrebbe sviluppare questa forma di aritmia.

Per il pool legale Consulcesi  lo studio americano apre le porte a nuove iniziative giudiziarie e alla possibilità di ottenere il risarcimento del danno qualora sia comprovato un nesso causale tra la sindrome del burnout e le sue conseguenze e una condotta datoriale in violazione dei precetti previsti per la sicurezza in ambito lavorativo.

Due recenti sentenze (n. 1452/2018 e n- 597/2019) vanno già in questa direzione e i lavoratori hanno ottenuto il riconoscimento del danno per le conseguenze dello stress lavoro-correlato e la responsabilità del datore di lavoro in tal senso.

Turni massacranti, eccessivo carico di lavoro, carenza di personale sono tra i fattori principali del burnout, sindrome che in alcuni casi ha condotto a problemi di alcolismo, depressione e anche al suicidio.

E allora, come far valere il proprio diritto sul lavoro?
Consulcesi ha attivato uno sportello di consulenza legale gratuita e di valutazione medico-legale per rispondere ai dubbi e alle richieste degli operatori sanitari chi ritengono di essere colpiti da burnout e vuole far valere i propri diritti.

 

 

da Quotidiano Saniità e Consulcelsi