Covid-19. Il dramma degli infermieri neolaureati in rianimazione. La testimonianza
Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di Dari, Infermiere, che va dritto al cuore della questione e si interroga sulle assunzioni emergenza Covid-19: infermieri neolaureati, senza esperienza, catapultati in rianimazione, dove non bastano i tre anni di università per essere un tuttologo e fornire la migliore esperienza ovunque, e soprattutto in contesti ad elevata qualità assistenziale come le terapie intensive.
In questi mesi abbiamo sempre sentito parlare di letti, monitor, ventilatori e poco di risorse umane. Forse ci siamo dimenticati che per gestire un paziente intensivo, estremamente complesso da un punto di vista assistenziale c'é bisogno di professionisti correttamente formati! Non ci si improvvisa infermieri di rianimazione sono tante, troppe le competenze che ci vengono richieste e che esulano dalla formazione universitaria di base.
Forse proprio quest'ultima andrebbe rivista e riorganizzata in quanto è ormai troppo evidente che dopo 3 anni non puoi essere un professionista tuttologo capace di adattarsi a qualsiasi realtà.
Ho visto infermieri neolaureati mettere per la prima volta piede in una rianimazione ed essere terrorizzati al trovarsi davanti a ventilatori, monitoraggi e pazienti instabili. Forse dovremmo riformare il nostro percorso universitario e introdurre aree di specializzazione come base per l'accesso in alcune unità operative. Ma cosa ostacola questa ovvietà? Il fatto di non poter essere più un numero da spostare a piacimento delle aziende? Il porci su un piano contrattuale per forza diverso rispetto ad altre figure del comparto?
Dobbiamo ricordare e ricordaci che è il paziente al centro delle cure ed ha il diritto di ricevere la miglior assistenza e per erogare assistenza di alta qualità ci vuole una formazione altrettanto elevata.