Sardegna, la sanità si svuota: aperti nuovi ambulatori, ma mancano migliaia di infermieri
Con l’apertura, a partire da lunedì 16 luglio, di nuovi ambulatori infermieristici nei distretti di Sorgono, Aritzo e Desulo, la ASL di Nuoro ha avviato una nuova iniziativa volta a rafforzare l’assistenza di prossimità e offrire servizi essenziali come medicazioni, monitoraggio dei parametri vitali e gestione di cateteri e terapie di vario tipo. Questa apertura rappresenta senza dubbio un passo in avanti verso una sanità più vicina ai cittadini, soprattutto nelle aree interne e meno servite del territorio che più di altre soffrono la carenza di servizi.
Tuttavia, è necessario contestualizzare queste aperture in un quadro decisamente più complesso e drammatico. L’attivazione degli ambulatori, limitata a poche ore settimanali, rischia infatti di essere solo una goccia in un mare di esigenze assistenziali ben più vaste. La Sardegna deve prepararsi a gestire un potenziamento della rete territoriale con l’apertura di numerose Case della Salute e Ospedali di Comunità, strutture che richiederanno un incremento stimato di almeno 400-500 infermieri per rispondere agli standard nazionali di assistenza continua. A questo si aggiungono le carenze strutturali già presenti che fra ospedali e territorio determinano un fabbisogno che oggi supera le 1.500 unità, con stime che toccano oltre 2.000 infermieri alle quali sono da aggiungersi anche le esigenze legate all’istituzione della figura dell’infermiere di famiglia che non possono essere inferiori alle 300/600 unità. Stiamo parlando insomma di un fabbisogno che può arrivare a 3000 molto rapidamente se si rispettano tutte le prescrizioni.
Le cronache regionali ciclicamente esplodono sul tema quando i pronto soccorso risultano affollati come negli ultimi giorni confermando la gravità di questa situazione da un capo all’altro dell’isola tanto più alla luce della gestione dei turni e delle ferie che si rivela problematica, aumentando il peso sulle spalle di un personale già sotto pressione. La situazione interessa anche le strutture periferiche e i reparti essenziali, con un crescente bisogno di risorse che l’organico attuale non può più sostenere.
L’apertura di ambulatori infermieristici per poche ore settimanali(dei quali siamo ferventi sostenitori e alla cui apertura certamente plaudiamo) non riesce a decongestionare i nodi più critici del sistema, soprattutto i pronto soccorso, da anni veri punti di sofferenza per la sanità regionale. La scarsità di infermieri formati e disponibili, sia a livello locale che nazionale, rende vano ogni sforzo di estendere i servizi senza poter garantire un incremento effettivo di personale. Concorsi, mobilità e altre forme di reclutamento finora adottate sono insufficienti a colmare un gap ormai strutturale.
- Pur riconoscendo l’importanza di ogni iniziativa che miri a rafforzare l’assistenza territoriale, il quadro generale evidenzia chiaramente l’assenza di soluzioni strutturali capaci di alleggerire concretamente la pressione sugli ospedali. Senza una strategia significativa e coordinata che aumenti in modo sostanziale la dotazione di infermieri e migliori l’organizzazione della rete assistenziale, queste aperture restano isolate, incapaci di modificare in modo concreto le criticità di un sistema sanitario sardo in profonda sofferenza.
Mantenere la dotazione organica in servizio appare già un’impresa, resta da capire come si potranno reclutare ulteriori migliaia di unità per rispondere alle riforme previste senza risposte contrattuali che innalzino significativamente i livelli retributivi per rendere la professione in ambito pubblico attrattiva
Andrea Tirotto