Franca Ongaro, coniugata Basaglia, anima teorica e comunicativa della coppia che liberò i matti
Di Gemma Maria Riboldi
Franca Ongaro nasce a Venezia nel 1928, scrittrice, due volte senatrice (dal ’84 al ’91), e femminista ante litteram conosce nel 1945 Franco Basaglia, studente di Medicina a Padova con cui si sposerà nel 1953 e da cui avrà due figli. Seguirà Basaglia, nel 1961, all’ospedale psichiatrico di Gorizia. Qui con il marito, nella seconda parte degli anni ‘70, diede inizio alla “rivoluzione psichiatrica” cambiando la sua vocazione come donna e come scrittrice.
Anche se definita dallo psichiatra Giovanni Jervis “segretaria del marito” dettata dalla sua scelta di voler scrivere ma di far parlare poco di sé, all’interno della Psichiatria democratica, fu completamente autonoma nel pensiero e in grado di scrivere testi importanti tanto da ritagliarsi un ruolo incentrato sulla parte logica e razionale. Con il marito e con un gruppo di psichiatri e intellettuali che si radunò intorno a loro scrisse, curò e tradusse i testi che saranno la testimonianza di un lavoro di apertura che, da Gorizia, iniziò a scuotere le fondamenta dell’istituzione ospedaliera in campo psichiatrico. Fu attivissima anche nelle relazioni con le istituzioni, in particolar modo provinciali, e curiosa osservatrice del modello scozzese di Maxwell Jones, il primo ad aver teorizzato la comunità terapeutica, da cui la Ornago trarrà spunto per realizzare una grande esperienza pratica.
Franca Ongaro basò la costruzione del suo percorso su due parole chiave “sociale” e “comunicazione”. Lei stessa precisa che la fine delle istituzioni manicomiali avrebbe avuto un senso solo se legata alla trasformazione sociale che poneva fine a barriere contro la diversità a la paura generalizzata verso qualsiasi forma di diversità.
Sarà lei in prima persona ad adoperarsi per la realizzazione di “Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin” libro denuncia sull’orrenda realtà delle condizioni in cui vivevano i malati reclusi. In seguito, sempre lei, tentò di spiegarlo ai ragazzi, sottolineando la continua mortificazione dei malati con “Manicomio perché?”.
Il suo impegno continuò anche da senatrice (dal 1984 al 1991 per due legislature con la Sinistra indipendente) che la vedrà occupata in su temi diversi, dai trapianti alle disposizioni sul fine vita, alle tossicodipendenze e soprattutto nella difesa dell’applicazione della legge 180 del 1978 anche detta “legge Basaglia” riuscendo a trasformare le esperienze e le riflessioni in attività legislativa. Si oppose contro chi tendeva a scardinare i principi della riforma o a non applicare la legge stessa. Per garantire ciò, cercò di creare una buona relazione con le associazioni delle famiglie che in una prima fase si erano mobilitate e avevano manifestato una certa ostilità rispetto alla legge. Cercò con le associazioni un’opera di mediazione, attivando servizi, formando diversamente gli operatori in modo da fornire risposte e aiuti.
La “signora Basaglia” va anche ricordata per essere stata una femminista ante litteram criticando alcuni pilastri del patriarcato che sarebbero poi stati centrali negli anni ‘70 del movimento delle donne, già nel 1968 dichiarerà: “Io mi rifiuto di essere relegata a preparare il latte caldo ai rivoluzionari”.
Di Franca Ongaro fu la prefazione di Processo allo Stupro, documentario che smosse l’opinione pubblica relativamente al dibattito sulla legge contro la violenza sessuale andato in onda alle ore 22:00 del 26 aprile del 1979 sulle reti Rai (Prima parte: https://www.youtube.com/watch?v=xaTmbLzyWmk - seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=me5AX3LVvYk).
Lei stessa in riferimento allo stupro e a difesa della figura femminile scrisse “… Sono i silenzi che hanno permesso il perpetuarsi di questa pratica tanto da farla apparire naturale, come tutto ciò che riguarda la donna che, nei casi di violenza carnale, ritorna – davanti alla legge – alla sua vera natura: felina, seduttiva, corruttrice, provocatrice, femmina: solo perché donna. Imputabile perché per natura seduce, è dunque imputabile perché, per natura, può essere facilmente sedotta…”.
Nel 1977, con “le donne e la pazzia” libro di Phillis Chesler, mise sotto i riflettori il tema della violenza manicomiale e delle ricadute di una cultura misogina in questo ambito. Nello stesso libro venivano infatti posti diversi quesiti sul nesso tra l’incremento delle malattie mentali e il ruolo sociale in cui le donne erano costrette. La stessa Phillis Chesler nel suo libro sostiene che la biologia, la cultura patriarcale e i rapporti genitore-figlia concorrono a garantire i comportamenti e gli ideali che vengono solitamente riconosciuti come femminili: l’autosacrificio, il masochismo, il narcisismo riproduttivo, la dipendenza, la svalutazione della donna, ecc…
Il trattamento che i clinici riservano alle donne è la diretta conseguenza di questi stereotipi. Un doppio parametro di salute mentale, uno per le donne, uno per gli uomini, domina la maggior parte delle teorie e una prassi terapeutica fatta di violenza e di paternalismo. La malattia mentale rappresenta dunque uno dei nodi decisivi attraverso i quali passa la presa di coscienza delle donne.
Occasione per rimarcare tale concetti e i concetti chiave della storiografia femminista fu, per Franca Ongaro, il commento a L’inferiorità mentale della donna del neurologo tedesco Moebius, classico del razzismo femminile dove ancora una volta la donna veniva confinata all’interno di un’ideologia che la vedeva muoversi nei “limiti fissati dalla natura per proteggerne la funzione essenziale – la maternità – la vuole sottomessa, schiava, subordinata”.
Franca Ongaro, morta nel 2005, è quindi una donna da ricordare non solo per essere stata la moglie di Franco Basaglia. ma per essere stata una grande intellettuale che contribuì nella battaglia per la chiusura dei manicomi e non solo. Fu una donna in grado di guardare ciò che le stava intorno, il contesto di riferimento dando vita ad un nuovo punto di vista che spingeva a rifiutare atteggiamenti di esclusione e non accettazione causa di discriminazioni. Questo punto di vista fece modo che il suo operato, come gli scritti ci dimostrano, non rimase limitato solo nell’impresa comune con il marito, ma in molteplici attività anche dopo la morte dello stesso Basaglia, vantandone numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali tra cui il premio Ives Pelicer dell’International Academy of Law and Mental Health (Luglio 2000) e la laurea honoris causa in Scienze politiche all’Università di Sassari (Aprile 2001).
“Ora che la mia lunga lotta con e contro l’uomo che ho amato si è conclusa, so che ogni parola scritta in questi anni era una discussione senza fine con lui, per far capire, per farmi capire. Talvolta era un dialogo. Talvolta l’interlocutore svaniva, e io restavo sola, sotto il peso di una verità che si riduce a un’arida resa dei conti con il bilancio in pareggio, se l’altro non la fa anche sua” (Franca Ongaro, 1980).