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‘Legare’ il paziente è sequestro di persona. Cosa dobbiamo sapere sulla contenzione meccanica

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 20/01/2023 vai ai commenti

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La contenzione meccanica non è atto terapeutico e, se non dettata dallo stato di necessità, da valutarsi in base a criteri rigorosi, comporta per i sanitari responsabilità per sequestro di persona.

Il sequestro di persona è un reato previsto dall’articolo 605 del c.p:

Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.

La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:

1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge

2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.

Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni.

Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo.

Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera concretamente:

1) affinché il minore riacquisti la propria libertà.

2) per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;

3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore.

Una delle sentenze più eclatanti, che ha visto la condanna di medici ed infermieri, è quella legata al caso di Mastrogiovanni, l'insegnante morto in regime di TSO, nell'ospedale San Luca di Valle Lucania.

La storia 

La vicenda risale al 2009. Francesco Mastrogiovanni, 58 anni all'epoca dei fatti,  era un maestro elementare, di lui i suoi alunni dicono sia il maestro più alto del mondo. Nel 1972 rimane coinvolto in una rissa con alcuni militari del FUAN,  durante la quale muore un neofascista.

Mastrogiovanni finisce in carcere per non avendo nessuna responsabilità  nella morte dell'uomo.Nel 1999 torna nuovamente in carcere per aver contestato una multa, viene processato e condannato a tre anni di reclusione, di seguito scagionato e risarcito per ingiusta detenzione.

Gli eventi descritti sono responsabili di alcuni episodi di depressione e di una sorta di fobia per le divise. Nel 2002 e nel 2005 subisce due TSO.

E' il 2009, Mastrogiovanni trascorre le vacanze nel Cilento. La notte del 30lugljo attraversa in macchina e ad alta velocità, l'area pedonale di Acciaroli. I vigili urbani riferiscono di averlo visto in stato di agitazione ed il Sindaco di Pollina firma l'autorizzazione per il TSO. 

E' il giorno seguente, Mastrogiovanni è nello stabilimento balneare, i vigili urbani lo raggiungono e lui si rifiuta di seguirli, si butta in mare, tenta di sfuggire poi, sfinito si arrende. Lo portano all'ospedale San Luca di Vallo della Lucania: viene sedato, legato mani e piedi,  nudo. Rimarrà così, senza che nessuno si curi di lui, per 87 ore. Sulla cartella clinica non c'è traccia della contenzione.Nella sua camera c'è una telecamera di sorveglianza, riprenderà tutto: la sua agonia,  la sua morte.

Per la Cassazione, le norme quali l’art. 60 del c.d. regolamento sui manicomi (risalente al 1909) la legge sull’ordinamento penitenziario (l. 354/1975, di cui in particolare l’art. 41) la c.d. legge Basaglia (l. 180/1978), convergono nel far ritenere che la contenzione, come forma di coercizione fisica, risponda a una logica di extrema ratio: cosicché, anche nel contesto sanitario, può ammettersene l’uso soltanto in situazioni straordinarie e limitatamente al tempo necessario per fronteggiarle. In assenza di questi presupposti la contenzione diventa abusiva e integra gli estremi del reato di sequestro di persona.

Un’altra sentenza in merito, è la n.32803/2019, per la quale è configurabile il reato di sequestro di persona per l’operatore sanitario che impedisce ai degenti di una struttura sanitaria psichiatrica di fuoriuscire dalla stanza con il metodo del cosiddetto ”materassino”.

I fatti

La Corte d'Appello di Roma confermava la sentenza del GIP del Tribunale di Velletri, con la quale un infermiere era stato condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione, per reati di maltrattamenti aggravati e sequestro di persona aggravato, in danno di pazienti psichiatrici, ricoverati presso la struttura e commessi strattonandoli con violenza e usando metodi aggressivi nei loro confronti per immobilizzarli e indurli ad alimentarsi, dando ceffoni, colpendoli in varie parti del corpo, provocando lesioni personali, insultandoli, non vigilandoli con continuità, disinteressandosi della loro igiene personale e del loro abbigliamento e ponendo un materasso a ridosso della porta di ingresso della loro camera, onde impedire loro l'uscita, con l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri inerenti un pubblico servizio.

Per la Cassazione, la limitazione al paziente, della possibilità di uscire dalla stanza rappresenta ad opera degli infermieri, ha la connotazione tipica del sequestro di persona. La tecnica del materassino ha ostacolato di fatto la libertà di movimento dei pazienti.