Sanità USA al collasso: senza infermieri immigrati, ospedali a rischio paralisi
01/09/2025
Negli Stati Uniti, la carenza di personale sanitario ha raggiunto livelli critici. A tenere in piedi il sistema, soprattutto in ospedali, case di cura e assistenza domiciliare, sono gli immigrati, molti dei quali rifugiati o con permessi temporanei.
Un’analisi pubblicata su JAMA ad aprile mostra dati impressionanti: 1 lavoratore su 6 negli ospedali americani è immigrato. Nel dettaglio, 1 su 25 in ospedale, 1 su 14 nelle case di cura e 1 su 10 nell’assistenza domiciliare non possiede cittadinanza statunitense. Molti di loro sono infermieri, OSS e operatori socio-sanitari.
Secondo KFF, il 27% dei medici e il 16% degli infermieri registrati negli Stati Uniti sono stranieri, mentre nel 2020 il Migration Policy Institute stimava 314.000 operatori sanitari rifugiati.
“Gli immigrati sono essenziali per le comunità più svantaggiate e per le aree rurali”, spiega Sean Kirkpatrick, direttore del Diversity in Health Training Institute.
La storia di MQ: dall’Afghanistan a un ospedale americano
MQ è il simbolo di questa forza lavoro invisibile. Cresciuta sotto il regime talebano in Afghanistan, le fu negata l’istruzione per anni. Contro il volere della famiglia, completò gli studi e divenne ostetrica. Ma nel 2016 le violenze crescenti costrinsero lei e la sua famiglia alla fuga in Turchia, dove rimase otto anni senza permesso di lavoro. Solo nel 2024 è riuscita a raggiungere gli USA grazie all’U.S. Refugee Admissions Program (USRAP), con il sogno di tornare in corsia.
Politiche restrittive che peggiorano la crisi
Proprio l’USRAP, attivo dagli anni ’80 e responsabile del reinsediamento di oltre 3 milioni di rifugiati, è oggi sospeso da un ordine esecutivo dell’amministrazione Trump. Lo stesso destino potrebbe toccare al Temporary Protected Status(TPS), che consente a cittadini di Paesi in crisi di vivere e lavorare temporaneamente negli Stati Uniti.
Secondo lo studio JAMA, ulteriori deportazioni e blocchi ai programmi di immigrazione potrebbero paralizzare pronto soccorso e ospedali, rallentare le dimissioni e sovraccaricare infermieri e OSS.
Un investimento, non un costo
Secondo l’International Rescue Committee, il contributo economico dei rifugiati supera di gran lunga le risorse investite per il loro reinsediamento. “I ritorni economici derivanti dall’inserimento lavorativo dei rifugiati sono maggiori degli aiuti forniti per accoglierli”, afferma Elgiva Wood, manager del programma.
Il parallelo con l’Italia
Se negli Stati Uniti la dipendenza dagli operatori sanitari immigrati è ormai un fatto, l’Italia non è da meno: migliaia di infermieri stranieri lavorano nei nostri ospedali, spesso in aree critiche o difficili da coprire. In entrambi i Paesi, la questione non è solo umanitaria, ma strategica per la sopravvivenza del sistema sanitario.
Le restrizioni sui visti e l’assenza di politiche di integrazione rischiano di lasciare reparti scoperti e di aggravare una crisi globale delle professioni sanitarie, che colpisce infermieri, OSS e medici.
fonte: thinkglobalhealth.org