Ospedali e Case di comunità: i mattoni ci sono, gli infermieri no
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha investito oltre 15,6 miliardi di euro sulla Missione Salute, con particolare attenzione al potenziamento della sanità territoriale attraverso la realizzazione di case della comunità e ospedali di comunità. Queste strutture rappresentano un modello innovativo di assistenza, più vicino ai bisogni delle persone con fragilità e malattie croniche.
Secondo il decreto ministeriale n. 77 del 2022, entro il 30 giugno 2026 in Italia dovrebbero essere operative almeno 1.038 case della comunità. Tuttavia, alla fine del 2024 soltanto circa il 15% di queste strutture (164 su 1.038) aveva attivato tutti i servizi previsti. Al 31 marzo 2025, secondo il monitoraggio della piattaforma ReGiS e dati Agenas, sono stati avviati oltre il 90% dei cantieri per la realizzazione di case e ospedali di comunità, con 943 case della comunità attivate su 1.038 previste dal PNRR, e 368 ospedali di comunità in fase di realizzazione. Anche se il dato infrastrutturale è positivo, appena il 15% circa delle case della comunità ha attivato tutti i servizi previsti e poco più del 4% (46 strutture) dispone del personale medico e infermieristico necessario per un funzionamento pieno e h24.
Gli ospedali di comunità, previsti in numero di circa 568 strutture, registrano una situazione simile con circa il 22% che ha almeno un servizio attivo, mentre molti restano senza personale adeguato per l’erogazione completa dei servizi. Il fabbisogno di personale prevede dagli 2.800 ai 3.600 infermieri, 1.600-2.400 operatori socio-sanitari e 400-800 figure sanitarie con funzioni riabilitative.
Il Decreto Ministeriale 77/2022 prevede per ogni casa della comunità almeno un coordinatore infermieristico e un organico minimo di 11 infermieri, mentre gli ospedali di comunità necessitano di un numero significativo di professionisti infermieri e operatori socio-sanitari. La realtà attuale evidenzia una carenza significativa: con il personale insufficiente, molte strutture non possono garantire servizi continui e di qualità e tante non potranno nemmeno avviare l'attività. La carenza già cronica di infermieri nei servizi ospedalieri e quella stimata in circa 60.000 unità nel settore territoriale, complica ulteriormente l’attuazione del modello previsto.
In molte regioni, quindi, le case della comunità rischiano di rimanere strutture “vuote” di personale, esponendo il sistema a inefficienze e a difficoltà nel garantire prestazioni adeguate ai cittadini.
Nonostante l’impegno nazionale, permangono rilevanti disparità territoriali nella realizzazione e messa a regime delle strutture, con alcune regioni ancora in ritardo nella piena attivazione. Ad esempio, solo poche regioni garantiscono servizi integrati in tutti i distretti, mentre altre registrano difficoltà maggiori nel reclutamento del personale e nella gestione dei cantieri.
Per il personale infermieristico questa situazione evidenzia una necessità impellente di nuovi inserimenti e formazione specifica per l’assistenza territoriale. La sfida è al contempo un’opportunità per assumere un ruolo centrale nei nuovi modelli assistenziali.
Il PNRR ha definito un percorso ambizioso per riorganizzare la sanità territoriale, ma al 2025 la piena attuazione è ancora lontana. Serve un’accelerazione nel reclutamento e formazione di personale qualificato, in particolare infermieri, per trasformare le case della comunità e gli ospedali di comunità in realtà operative ed efficaci, fondamentali per la qualità e sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.
Andrea Tirotto