Digiuno intermittente? Secondo AHA aumenterebbe del 91% il rischio di patologia cardiovascolare
Il digiuno intermittente è una pratica consigliata da molti negli ultimi anni, non solo sportivi, che consiste più in uno "stile" piuttosto che in una "dieta", grazie alla quale si otterrebbero enormi benefici per la salute.
Un abstract di American Heart, invece, evidenzierebbe alcune potenziali criticità.
Digiuno intermittente: cos'è?
Esistono diversi metodi di digiuno intermittente, che dividono il giorno o la settimana in periodi di alimentazione e periodi di digiuno.
Il digiuno intermittente è un modello alimentare durante il quale ci si astiene dall’assumere cibo per un periodo di tempo che, solitamente, dura tra le 12 e le 40 ore. Questa dieta (forse chiamata impropriamente dieta) non dà indicazioni su quali cibi mangiare e in che quantità, ma solo quando si dovrebbero assumere gli alimenti.
Durante il digiuno sono ammessi acqua, caffè non zuccherato e altre bevande senza calorie, ma non sono ammessi cibi solidi o bevande contenenti calorie (come succhi di frutta o bevande zuccherine).
Digiuno intermittente: quali sono i benefici?
I benefici del digiuno intermittente vertono soprattutto sulla prevenzione del rischio di importanti malattie, come: diabete, malattie cardiovascolari, miglioramento della funzione cognitiva e sensitivo-motoria. La dieta del digiuno intermittente allevia i sintomi dei disturbi neurologici e dell'umore. I vantaggi del digiuno intermittente mirano direttamente a una serie di meccanismi associati a diversi stati dolorosi e condizioni di dolore cronico, piuttosto che al dimagrimento.
Su quali meccanismi si basa?
Questi sono i meccanismi attraverso i quali il digiuno intermittente apporterebbe i benefici correlati:
- Riduzione dei livelli di glucosio (minor rischio di iperglicemia);
- Livelli d’insulina più bassi e sensibilità all'insulina migliorata (minor rischio di diabete mellito di tipo 2);
- Maggiore eliminazione degli acidi grassi (trigliceridi) e produzione di corpi chetonici;
- Diminuzione della leptina (ormone che stimola l’appetito) e dell'insulina;
- Diminuzione dell’attività dei radicali liberi e infiammazione, maggiore attività degli antiossidanti;
- Neuroplasticità (capacità del sistema nervoso di rispondere a fattori interni o esterni e situazioni come ictus cerebrali, traumi) e neurogenesi potenziate (processo di generazione di nuovi neuroni da cellule immature);
- Stimolazione dell'autofagia (consumo dei materiali di riserva dell’organismo) e aumento del tono parasimpatico (sistema nervoso autonomo interviene nelle funzioni involontarie).
L'abstract di American Heart
La scorsa settimana hanno fatto scalpore i risultati di una nuova ricerca sul digiuno intermittente. L'abstract, presentato a una conferenza dell'American Heart Association, ha rilevato che il digiuno intermittente, nello specifico, la restrizione del consumo di cibo a un periodo di 8 ore al giorno, è associato a un aumento del 91% del rischio di morte cardiovascolare.
Il nuovo studio ha cercato di esaminare i dati a lungo termine sugli esseri umani per colmare le lacune nella comprensione dell'impatto del digiuno intermittente sulla salute. Sono stati presi in considerazione i dati raccolti nell'ambito del National Health And Nutrition Examination Survey, che ha chiesto a 20.000 adulti di età, sesso ed etnia diversi cosa mangiassero in un periodo medio di otto anni.
Durante tale periodo, i partecipanti hanno riferito ciò che avevano mangiato in due interviste separate a distanza di meno di due settimane l'una dall'altra. Se hanno dichiarato di avere mangiato entro una finestra ristretta di otto ore, i ricercatori hanno generalizzato questo modello alimentare alla loro vita in generale, etichettandoli essenzialmente come digiuni intermittenti.
I ricercatori hanno poi esaminato le persone decedute dopo la compilazione dei sondaggi per vedere se il loro impegno in questa forma di digiuno intermittente fosse associato o meno alla morte generale, a quella cardiovascolare e a quella per cancro, spiega il dottor Heffron:
«Hanno scoperto un'associazione, nel senso che la restrizione del consumo di cibo per un periodo molto breve era associata a esiti negativi».
In altre parole, lo studio ha rilevato che coloro che consumavano cibo in finestre di tempo inferiori alle 8 ore avevano un rischio maggiore di morte cardiovascolare rispetto a coloro che mangiavano cibo in finestre di tempo superiori alle 8 ore, da cui la scioccante conclusione.
Materiali:
8-hour time-restricted eating linked to a 91% higher risk of cardiovascular death