Torino, Pronto Soccorso nel caos: infermiere aggredito al San Giovanni Bosco
Ancora violenza in corsia. Il personale sanitario lancia l’allarme: “Clima ingestibile, servono risposte concrete”
TORINO — Ennesimo episodio di violenza in ospedale. Un infermiere in servizio al Triage del Pronto Soccorso del San Giovanni Bosco, nel cuore della Barriera di Milano, è stato aggredito fisicamente da un familiare di un paziente in attesa. L’uomo, infuriato per presunti ritardi nell’assistenza, ha prima inveito verbalmente contro il personale, poi è passato ai fatti, strattonando violentemente l’operatore sanitario, che ha riportato un colpo di frusta con una prognosi di dieci giorni.
Non si è trattato di un caso isolato. L’episodio ha scatenato una reazione a catena: altri presenti in sala d’attesa hanno partecipato attivamente con insulti e minacce, trasformando l’area accettazione in un vero e proprio fronte di tensione. La situazione è degenerata a tal punto che il servizio è stato sospeso per circa un quarto d’ora, lasciando pazienti e ambulanze in attesa all’ingresso.
Solo l’intervento delle forze dell’ordine ha permesso di ristabilire un minimo di calma. Ma le conseguenze vanno ben oltre il danno fisico. “Il trauma psicologico per chi lavora in queste condizioni è evidente”, denuncia Simone Virzi, rappresentante sindacale Nursind e infermiere dello stesso pronto soccorso. “Il clima è sempre più teso, e i lavoratori si sentono isolati.”
Uno dei problemi più gravi, secondo Virzi, è la posizione del Triage, fisicamente distante dalla postazione di vigilanza. “Siamo troppo esposti, soprattutto di notte. È una questione di sicurezza ormai non più rinviabile.”
L’ospedale San Giovanni Bosco, già al centro di segnalazioni per episodi di microcriminalità — come accattonaggio e risse nel parcheggio — torna così sotto i riflettori per le falle strutturali e organizzative che lo rendono un presidio fragile. “I lavoratori si sentono abbandonati dalle istituzioni”, conclude Virzi.
A rincarare la dose, anche il segretario provinciale del Nursind, Giuseppe Summa: “Ci chiediamo come le aziende stiano utilizzando i fondi promessi dall’assessore Riboldi. Finora di cambiamenti concreti non se ne vedono.”
Intanto, cresce la rabbia tra medici e infermieri. Ma con essa anche la paura. E l’impressione, sempre più netta, che a pagare il prezzo dell’emergenza siano proprio loro: i primi a soccorrere, gli ultimi a essere protetti.