Nursind alla Regione. “Serve un fondo per trattenere gli infermieri, basta solo tagli e tasse”
Il NurSind Emilia Romagna denuncia il mancato rispetto degli impegni: “De Pascale aveva promesso aumenti, ma la realtà è fatta di dimissioni, carichi insostenibili e stipendi fermi”
Il NurSind lancia un duro atto d’accusa contro la Regione Emilia-Romagna e il presidente Michele de Pascale, colpevoli – secondo il sindacato – di non aver mantenuto gli impegni presi con gli infermieri.
"Il governatore aveva promesso un fondo ad hoc per aumentare gli stipendi, ma finora abbiamo visto solo tagli e tasse", attacca la segretaria regionale Antonella Rodigliano.
La denuncia arriva mentre il personale sanitario continua a lasciare gli ospedali pubblici: "Ogni giorno riceviamo telefonate da infermieri che chiedono come fare a dimettersi", riferisce ancora Rodigliano. "Se si continua così, presto saremo costretti a chiudere interi servizi".
Anche Renato Mazzuca, ex sindaco di San Giovanni in Persiceto e oggi infermiere al pronto soccorso e dirigente sindacale, chiede un cambio di passo:
"L’indagine interna dell’Ausl sulle cause delle dimissioni è un primo passo, ma serve ascoltare chi è rimasto per evitare altre fughe. Le condizioni di lavoro devono migliorare".
Mazzuca propone misure concrete: semplificare i cambi turno, facilitare i trasferimenti, garantire mobilità tra reparti, e soprattutto:
"Basta con la distribuzione a pioggia delle risorse: chi lavora con impegno si aspetta riconoscimenti, non elemosine uguali per tutti".
Secondo il sindacato, la riorganizzazione sanitaria promessa resta un miraggio. Il caso dei CAU (Centri di assistenza urgenza) è emblematico:
"Avevamo previsto i problemi, ma nessuno ci ha ascoltati. Hanno spostato infermieri dal pronto soccorso ai CAU solo per fare bella figura, lasciando sguarniti reparti fondamentali".
Nel bilancio di previsione 2025 dell’Ausl è stimato un numero drammatico: 600 cessazioni di contratti a tempo indeterminato tra il personale. Il dato riguarda in larga parte proprio gli infermieri.
Rodigliano sottolinea che il problema non è solo il ritorno al Sud, ma anche le difficoltà economiche e la crescente attrattività del settore privato:
"Il carovita è altissimo. Molti infermieri, anche con 30 anni di servizio, se ne vanno perché non si sentono gratificati. E perché il privato paga di più".
"Perdere personale esperto – conclude – è un danno gravissimo. Se non interveniamo ora con fondi reali, incentivi concreti e attenzione vera al personale, non possiamo sorprenderci se gli infermieri se ne vanno altrove".
Il modello da seguire, secondo NurSind, è il Veneto: stipendi più alti, contributi per la formazione, agevolazioni per la casa.
"Lì si trattano bene gli infermieri. Qui invece ci raccontano storie, ma intanto la sanità pubblica perde ogni giorno pezzi preziosi", chiude il sindacato.