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Codice Rosa nei Pronto soccorso. L'emendamento della discordia

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 17/12/2015

Contenuti Interprofessionali

Torniamo a parlare di legge di stabilità ancora una volta, ma non per proferire su turni, riposi ed assunzioni, ma per disquisire su un altro fondamentale emendamento, quello che dovrebbe istituire il codice rosa nei pronto soccorso, presentato alla legge di stabilità in questi giorni.

Tante sono state le voci che si sono levate attorno all'emendamento, voci discordanti, di condanna e di plauso.

Ho voluto vederci chiaro, perché il progetto del Codice Rosa, già attuato in alcune città come Grosseto, dalla cui esperienza trae ispirazione l'emendamento in questione, è un'iniziativa che dovrebbe essere parte integrante di almeno un pronto soccorso per ogni città italiana.

Questo non solo, perché ce lo chiede l'evolversi malato della società, i dati che più volte abbiamo postato, quando abbiamo parlato di violenza sulle donne, sono allarmanti: in Italia, viene uccisa una donna ogni due giorni, una su quattro è vittima di un'aggressione sessuale; solo il 17%delle vittime denuncia, contro l'83%che non lo fa, e non lo fa soprattutto per senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni che dovrebbero difenderle; ma è l'Europa che ce lo chiede, dal momento in cui l'Italia ha recepito nell'agosto 2014 la Convenzione di Istanbul, sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

L'emendamento portato avanti da un gruppo di parlamentari, di cui firmataria è Fabrizia Giuliani del PD, si propone di istituire dei percorsi protetti, all'interno di tutti gli ospedali italiani, per tutte le donne abusate. Un codice rosa che identifichi subito, all'arrivo al pronto soccorso, le vittime di violenza, offrendo non solo le cure sanitarie, ma anche la possibilità di denunciare già in ospedale i loro aguzzini.

L'emendamento che dichiara rivolgersi alle "persone Vulnerabili" prevede:

  • L'istituzione di un Gruppo multidisciplinare coordinato tra le Procure della Repubblica, le Regioni e le Asl, finalizzato a fornire assistenza sanitaria e giudiziaria, riguardo ad ogni possibile aspetto legato alla violenza, costituito da magistrati e polizia giudiziaria, da personale sanitario dipendente dalle Asl volontario o individuato dal Direttore sanitario, da un Magistrato nominato da un Direttore Capo, e da un sanitario nominato dal Direttore generale dell'Asl. Gruppo che puo' essere supportato da altre figure professionali, ivi comprese quelle di ambito socio amministrativo e rappresentanti del volontariato ed associazionismo.
  • Istituzione di un Coordinamento nazionale dei Gruppi, da parte del ministro della Giustizia e del Ministero della Salute, allo scopo di delineare le linee giuda nazionali, per la definizione della modalità di formazione del personale e delle procedure da seguire durante l'iter del percorso rosa.
  • Istituzione nei pronto soccorso e i DEA di 1° e 2° livello, di un percorso, denominato Percorso Rosa, da attivare in seguito all'assegnazione del Codice Rosa, in fase di accettazione sanitaria.

 

Questo emendamento ha provocato non poche polemiche, contrari a questo sono tutte le sigle che da sempre difendono le donne, dall'Udi alla rete Dire dei centri antiviolenza, da Telefono Rosa alla Fondazione Pangea, da Ferite a Morte alla Casa delle Donne di Roma, ad una storica femminista come Lea Melandri.

Cosa spaventa della proposta portata avanti dal PD?

Spaventa il percorso rigido descritto, un percorso che a dire di chi lo ha demonizzato, non lascia scelta alle donne, che saranno costrette a denunciare. Questo le espone a maggiori pericoli e ad una maggiore vittimizzazione.

Se si sentiranno obbligate a denunciare, una volta identificate come codice Rosa, c'è il serio pericolo, che molte donne, in preda a paura, retaggi culturali, decidano di non farsi curare, non sentendosi protette.

Rientreranno a casa, ed avranno paura di subire nuovamente violenza.

Viene contestato all'emendamento di non essere in linea con la Convenzione di Istanbul, che pone i diritti delle donne al centro di misure legislative, di politiche coordinate ed azioni coordinate sui territori tra lo Stato ed i centri antiviolenza.

Il modello di Governance avanzato dall'emendamento, non sembra in linea con il Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, varato quest'anno dal Dipartimento per le pari opportunità.

L'approccio multidisciplinare a cui si fa riferimento nel primo punto, non lo sarebbe poi realmente, perché tiene fuori istituzionalmente tutta quella rete di associazioni antiviolenza che nel tempo si sono costituite e sono cresciute, ed oggi sono una vero e proprio pilastro nel combattere la violenza a discapito delle donne.

L'emendamento, si ispira come detto all'esperienza di Grosseto, un'esperienza che per molti risulta essere fallimentare, perché i percorsi creati all'interno del pronto soccorso, non hanno nessuna specificità, non sono rivolti alle donne, ma alle fasce deboli (donne, anziani, bambini , handicappati), non è stata introdotta nessuna modifica nelle prassi sanitarie , se non la riservatezza di introdurre nella stanza rosa, l'uomo o la donna che parla di violenza, stanza in cui confluisce poi, il team multidisciplinare. Le donne sono state inserite nello stesso calderone, che ingloba tutti i tipi di violenza; questo a detta delle organizzazioni antiviolenza, arreca incredibili danni a tutto il lavoro fatto fino a questo momento, perché non viene riconosciuto il Reato di violenza sulla donna specifico, e ne consegue, che nessuna misura speciale è messa in atto se non una procedura per la denuncia.

Queste finora le voci contro, e devo dire che sono tante; pochi invece i plausi all'iniziativa, se non da chi l'ha scritta. Racconta ,Caludio Pagliara, uno degli ideatori, insieme alla Dottoressa Vittoria Doretti, in un 'intervista a Repubblica:

Troppe volte, lavorando nella trincea del pronto soccorso, ci eravamo resi conto della superficialità e fretta con le quali venivano trattate le donne che arrivavano ferite ed impaurite. Donne alle quali dopo il referto medico toccava iniziare da sole, il percorso delle denunce , o della fuga da coniuge violento.”

Il percorso serve invece ad avere personale formato che sappia riconoscere la violenza e che metta in moto tutta quella macchina procedurale per trovare aiuto.

Parlano di una demonizzazione che non ha criterio, che nessuno obbliga nessuno a denunciare. 

Del codice Rosa, se ne parla da anni, in qualche città come Grosseto, come Napoli esistono questi percorsi. Ognuno lo impronta un po' a modo suo, senza una direttiva generale, senza delle linee guida o dei protocolli standard. 

Questo credo sia realmente quello che vanifica il lavoro di tanti anni delle associazioni che si sono spese a favore della causa.

La legge va fatta, e va fatta subito. Non si può aspettare ulteriormente, mentre le donne continuano a cadere sempre dalle scale, mentre continuano a sbattere sugli stipiti, mentre continuano ad inciampare nella loro maledetta solitudine, mentre continuano a cadere nel vuoto e nel silenzio delle Istituzioni.

 Forse è stato scritto in malo modo questo emendamento, non lo metto in dubbio, va ripensato, semplificato e reso ad hoc per le donne,  il codice rosa va istituito assolutamente. Va creata una rete reale, intelligente ed operativa, di informazione e di formazione.

C'è bisogno di competenze da parte degli operatori sanitari, la violenza non è un fenomeno di semplice comprensione, ma complesso, questo ingloba substrati culturali, pudori, sentimenti, silenzi, segni evidenti e meno evidenti che devono essere riconosciuti.

 

C'è bisogno di competenze legali, sostegno psicologico e sostegno per le procedure burocratiche.

 

Occorrono preparazione, tempistica, collegamento. 

Sono molte le forze politiche che hanno avanzato proposte in merito, più che meritevoli, come quella del M5s in Lombardia, che prevede per le donne che accedono al codice Rosa, l'esenzione del Ticket.

La domanda è: “Servono i “Codice Rosa” nei pronto Soccorsi?

Servono pronto soccorsi attrezzati con personale formato, in grado di offrire cure, informazione ed assistenza verso una uscita dalla violenza, consapevole.

Servono pronto soccorsi in rete con i servizi territoriali, compresi i centri antiviolenza, all'interno del Piano Nazionale Antiviolenza. 

La rete deve essere in grado di prendere la donna in carico e dal momento in cui decide di uscire dalla violenza, garantirle protezione h24.

In un momento di austerity, le risorse vanno spese bene ed in maniera adeguata.

 

Va proposto un modello che rispetti la Convenzione di Istanbul, e che sia solo per le Donne che subiscono violenza.

Non possiamo mortificarle ancora, sarebbe come non riconoscere ulteriormente il valore che hanno.

 

Fonte: La verità su Codice Rosa

            Legge di stabilità, stop all’emendamento “Codice Rosa”

            Emendamento 1.31