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Infermieri. Guida alle assenze a tutela del diritto allo studio. Centocinquanta ore, congedo ed aspettativa

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 30/12/2019 vai ai commenti

Contratto NazionaleLeggi e sentenze

L’attività lavorativa del dipendente può essere limitata e retribuita nel corso di precisi e documentati adempimenti concernenti un regolare corso di studi.

Il diritto allo studio, oltre ad essere costituzionalmente tutelato agli articoli 33 34, è previsto dallo Statuto dei lavoratori legge 300/1970 all’articolo 10:

I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.

I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.

Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.

Vediamo tutti i permessi concessi nella tutela al diritto allo studio

 

1.Le 150 ore

La contrattazione collettiva ha recepito la norma mettendo a punto una disciplina del diritto allo studio piuttosto omogenea.

Il CCNL comparto sanità 2016-2018, norma il Diritto allo studio all’articolo 48.

 

Comma 1. Ai dipendenti sono concessi – anche in aggiunta alle attività formative programmate dall’Azienda o Ente – permessi retribuiti, nella misura massima individuale di 150 ore per ciascun anno solare e nel limite massimo, arrotondato all’unità superiore, del 3% del personale in servizio a tempo indeterminato presso ciascuna Azienda o Ente all’inizio di ogni anno.

 

Chi può beneficiare dei permessi per Diritto allo Studio?

  • I lavoratori a tempo indeterminato
  • i lavoratori a tempo determinato con contratto di durata non inferiore a sei mesi continuativi, comprensivi anche di eventuali proroghe.

Nell’ambito del medesimo limite percentuale già stabilito, essi sono concessi nella misura massima individuale, riproporzionata alla durata temporale, nell’anno solare di riferimento, del contratto a tempo determinato stipulato.

I lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato, che non si avvalgono dei permessi retribuiti per il diritto allo studio, possono fruire dei permessi di cui all’art.10 della legge n.300 del 1970.

 

Per cosa posso utilizzare le 150 ore di Diritto allo studio?

Il diritto allo studio del lavoratore dipendente deve comunque conciliarsi l’interesse del datore di lavoro, sia pubblico che privato.

La disciplina legislativa del diritto allo studio sopra descritta si articola essenzialmente su due livelli:

  • la concessione dei permessi straordinari retribuiti per sostenere le prove d’esame
  • la previsione di carichi di lavoro e di una organizzazione oraria della prestazione che agevoli la frequenza dei corsi e la preparazione degli esami.

Per questo le ore di permesso retribuite previste dai contratti collettivi potranno essere fruite solo per la frequenza di quei corsi di studio che abbiano orari coincidenti con quelli di lavoro e non per necessità connesse alla preparazione degli esami o per altre attività complementari (colloqui con docenti, disbrigo pratiche di segreteria, etc.).

Per queste ipotesi il diritto allo studio non è sussidiato dai permessi ma dall’obbligo del datore di lavoro di assegnare turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami ed è escluso, ai fini della stessa agevolazione, l’obbligo del dipendente di eseguire prestazioni di lavoro straordinario durante i riposi settimanali

(comma 10 art 48).

Per sostenere gli esami relativi ai corsi indicati, il dipendente in alternativa ai permessi previsti nel presente articolo può utilizzare, per il solo giorno della prova, anche i permessi giornalieri retribuiti previsti appositamente dal presente CCNL per la partecipazione agli esami (comma 11 art 48).

 

E se il numero delle richieste di permessi Diritto allo studio supera il 3%, quale dipendente ha la precedenza?

Il comma 6 stabilisce che:

Qualora il numero delle richieste superi il limite massimo del 3% di cui al comma la concessione dei permessi avviene secondo il seguente ordine di priorità:

  1. a) dipendenti che frequentino l’ultimo anno del corso di studi e, se studenti universitari o post-universitari, abbiano superato gli esami previsti dai programmi relativi agli anni precedenti;
  2. b) dipendenti che frequentino per la prima volta gli anni di corso precedenti l’ultimo e successivamente quelli che, nell’ordine, frequentino, sempre per la prima volta, gli anni ancora precedenti escluso il primo, ferma restando, per gli studenti universitari e post-universitari, la condizione di cui alla lettera a);
  3. c) dipendenti ammessi a frequentare le attività didattiche, che non si trovino nelle condizioni di cui alle lettere a) e b) nonché i dipendenti di cui al comma 12.

comma 7. Nell’ambito di ciascuna delle fattispecie di cui al comma 6, la precedenza è accordata, nell’ordine, ai dipendenti che frequentino corsi di studio della scuola media inferiore, della scuola media superiore, universitari o post-universitari o che frequentino i corsi di cui al comma 12.

comma 8. Qualora a seguito dell’applicazione dei criteri indicati nei commi 6 e 7 sussista ancora parità di condizioni, sono ammessi al beneficio i dipendenti che non abbiano mai usufruito dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso e, in caso di ulteriore parità, secondo l’ordine decrescente di età. Ulteriori condizioni che diano titolo a precedenza sono definite dalla contrattazione integrativa .

 

Come richiedere il permesso di Diritto allo Studio

Comma 9. Per la concessione dei permessi di cui al presente articolo i dipendenti interessati debbono presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione e quello degli esami sostenuti anche se con esito negativo. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati sono considerati come aspettativa per motivi personali o, a domanda, come ferie o riposi compensativi per straordinario già effettuato.

 

I permessi spettano anche agli studenti fuori corso?

In tal senso la Pretura di Torino 23/06/86 si è espressa così: per regolare corso di studi deve intendersi quello che sfocia nel conseguimento di un qualsiasi titolo legale di studio, non rilevando il tempo impiegato dal lavoratore per conseguire il titolo stesso; ne consegue che anche allo studente universitario fuori corso spettino i permessi retribuiti.

 

 

  1. I congedi per la formazione

Introdotti dalla legge L. 53/2000, al dipendente possono essere concessi congedi specifici per la formazione, se vi sono esigenze di servizio particolari.

Il dipendente con almeno 5 anni di anzianità di servizio nella stessa U.O. e nella stessa azienda, può fruire di un congedo per la formazione. Il numero dei congedi viene determinato sulla base del personale presente al termine di ogni anno e al massimo al 10% del personale nelle varie aree di servizio.

Per poter ottenere il congedo per la formazione il dipendente deve presentare una specifica domanda all’azienda, indicando il motivo della richiesta, l’attività formativa che si intende svolgere, la durata e l’impegno formativo.

La richiesta va inviata almeno 30 giorni prima dell’inizio delle attività formative. L’azienda può rifiutare la richiesta del dipendente se vi sono problematiche legate alla funzionalità del servizio.

Il periodo di congedo non può essere superiore a 11 mesi nell’arco dell’intera vita lavorativa, può essere fruito in via continuativa o in modo frazionato e non è cumulabile con ferie, malattia e altri congedi; solo una grave e documentata infermità intervenuta durante il periodo di fruizione può dar luogo ad una interruzione dello stesso.

Il congedo dà diritto alla conservazione del posto e non è retribuito ma il lavoratore può versare contributi volontari o esercitare la facoltà del riscatto per rendere utile ai fini pensionistici questo periodo di sospensione del rapporto di lavoro.

 

  1. Aspettativa per Dottorato di ricerca

Articolo 2, legge 13.08.1984 n.476. L’aspettativa può essere richiesta dal dipendente che venga ammesso ad un corso di dottorato di ricerca presso l’Università: la durata dell’aspettativa coincide con quella del dottorato.

 

  • Retribuzione del dottorato. Il trattamento economico spettante al dipendente è subordinato alla mancata corresponsione da parte dell’Università di una borsa di studio. L’interessato può rinunciare alla borsa di studio qualora gli venga corrisposta, se il trattamento retributivo dell’azienda di appartenenza è più favorevole.
  • A chi non spetta l’aspettativa per dottorato.
  1. Ai pubblici dipendenti che hanno già conseguito il titolo di dottore di ricerca
  2. Ai dipendenti pubblici che siano stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico ed abbiano già beneficiato dell’aspettativa.

 

Alla fine del dottorato se il dipendente si dimette dall’azienda entro i due anni successivi, dovrà restituire le retribuzioni percepite, mentre non è tenuto alla restituzione se passa ad altra pubblica amministrazione.

 

L’aspettativa per dottorato di ricerca spetta solo ai dipendenti a tempo indeterminato.