Iceberg, nuova struttura del San Raffaele: dagli infermieri usati come facchini alle unità pollaio
Non sapremo mai se chi ha ideato il nome della nuova struttura dell’Ospedale San Raffaele di Milano si sia ispirato al film “Titanic”, ma sta di fatto che l’iceberg (così si chiama il nuovo polo chirurgico e delle urgenze) sta producendo più malumori di quanti ne abbia prodotti il suo omonimo al transatlantico più famoso del mondo.
Infatti, continuando con la metafora cinematografica (tranquilli, con questa mi fermo), l’impatto dell’iceberg col personale sanitario del noto nosocomio milanese non è stato dei più felici.
Già il recente passaggio contrattuale da uno di tipo pubblico, con maggiori tutele, ad uno privato (AIOP), molto più penalizzante, ha causato l’allontanamento di molti operatori, dirottatisi verso condizioni lavorative migliori.
“Il NurSind si dichiara fortemente preoccupato per l’emorragia ormai cronica di personale infermieristico che scegli di abbandonare l’Ospedale San Raffaele - dichiara Donato Cosi, coordinatore regionale del NurSind - in virtù della forte richiesta sul mercato del lavoro, valutando altre opzioni, altre realtà, sia pubbliche che private, le quali offrono più certezze, sia in termini economici che di crescita personale e professionale”.
E l’emorragia di medici e infermieri continua tutt’ora, alimentata sia dalla crescente demotivazione, per non parlare di burn-out, sia dagli ultimi eventi: è cronaca di questi giorni che c’è stato, da parte dei vertici aziendali, un uso improprio del personale infermieristico adibito (udite udite) a svolgere operazioni di facchinaggio.
Un’azienda seria, in un Paese civile, chiamerebbe un’impresa di traslochi e le commissionerebbe lo spostamento di beni materiali da un reparto all’altro. Invece il San Raffaele pensa di utilizzare a tale scopo il personale infermieristico e OSS, cullandosi sul luogo comune dell’infermiere factotum.
Inoltre, la stessa azienda, nel progettare la nuova struttura chiamata “iceberg”, non sembrerebbe essersi avvalsa delle numerose indicazioni che vengono dal mondo scientifico, in particolare almeno due: che i reparti non dovrebbero accogliere molti pazienti (max 20-30) e che il rapporto infermiere paziente non dovrebbe superare quello, ormai certificato da molti studi, di 1 a 6.
“La nostra impressione è che la superficialità con cui si sta affrontando questo piano - afferma Luigi Rinaldi, segretario aziendale NurSind - porterà alla creazione di unità operative “pollaio”, ovvero ad interminabili corsie di 50/60 posti letto, situazione non più accettabile in una sanità che si affaccia al futuro; piuttosto questo potrebbe spingere gli infermieri a lasciare ancora più volentieri il nostro ospedale, oggi incapace di guardare avanti, fenomeno che abbiamo già denunciato”.
Oggi, 28 settembre, c’è stata una nuova assemblea generale, indetta dalla RSU, dove i dipendenti si sono nuovamente confrontati sullo scollamento tra vertice e base che i sindacati denunciano ormai da tempo.
Vi terremo informati sui futuri sviluppi della situazione, nell’interesse sia degli operatori che dei cittadini che scelgono di rivolgersi, per i loro bisogni di salute, al noto ospedale milanese.