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Anticorpi. Un nuovo test svela la presenza della memoria immunitaria. Ecco come

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 08/11/2021 vai ai commenti

Professione e lavoroStudi e analisi

E’ ormai assodato che la conta degli anticorpi contro Spike- S1 non è indice di protezione contro la malattia e, questo rende inutile un test sierologico prima di un’eventuale terza dose di vaccino.

La domanda vera è quanto funzionano i nostri anticorpi, quanto sono reattivi e capaci di difenderci?

Per provare a rispondere a questa domanda, dai laboratori di ricerca arriva un nuovo test aggiuntivo in grado di identificare come e quanto possiamo fidarci del nostro sistema immunitario. Lo propone Giuseppe Scapigliati, ordinario di Zoologia e Biotecnologie animali all'università della Tuscia (Viterbo), con uno studio pubblicato sulla rivista Viruses.

Il test promette di valutare in maniera specifica e sensibile la persistenza della risposta anticorpale contro Spike-S1 anche a livello cellulare, per meglio definire la durata di uno stato di immunizzazione contro il virus Sars-CoV-2 in seguito a infezione/vaccinazione/richiamo.

Il test

A partire da un prelievo di sangue, il test valuta la presenza di cellule che, se ri-stimolate in vitro con la proteina spike-S1 del virus, producono in vitro anticorpi. E quindi questo dato indica la presenza di una memoria anticorpale presente anche mesi dopo esposizione al virus o dopo vaccinazione. In sostanza, valuta quantitativamente gli anticorpi prodotti in vitro da cellule B e/o plasmacellule diretti contro la proteina Spike-S1 di Sars-CoV-2. Il principio si basa sulla evidenza immunologica che nelle reazioni di difesa contro un patogeno, a breve termine si esplicano sia le reazioni di difesa innata che la produzione di anticorpi circolanti. A medio e lungo termine si può instaurare una memoria che, in caso di successiva esposizione al patogeno/antigene, porta anche alla produzione di anticorpi da parte di linfociti B della memoria.

 

Come funziona il test

I globuli bianchi mononucleati vengono prima purificati e, successivamente, incubati in presenza della proteina Spike. A questo punto, si procede alla rimozione delle cellule, così che le IgG anti-Spike-S1 prodotte in vitro vengono rivelate con un classico sistema immunoenzimatico.

Il sistema misura gli anticorpi antivirali prodotti in vitro dai linfociti B/plasmacellule anche laddove non si riscontrano anticorpi nel siero, permettendo così di evidenziare nel tempo e in maniera misurabile, la risposta anticorpale contro il virus.

 

Risultati del test

In una casistica di circa 140 donatori, nei soggetti risultati positivi a Covid-19 è stata evidenziata la presenza (in qualche caso anche protratta fino ad un anno dopo l'infezione) di cellule secernenti anticorpi in vitro (linfociti B e/o plasmacellule), anche nei casi in cui il test sierologico dava esito negativo.

 

Da Repubblica