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Nurses Do It Better! Quando gli stereotipi alimentano il prestigio di una professione

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 28/02/2024 vai ai commenti

La nostra storiaNarrative Nursin(d)gPunto di Vista

Le infermiere lo fanno meglio.

Immaginate cosa potrebbe succedere se questa frase fosse pronunciata al giorno d’oggi, nello spogliatoio di un ospedale, nella cucinetta di reparto, in medicazione, in sala medici.

Per non parlare di quello che succederebbe se la frase appartenesse a un qualche personaggio della televisione, di una fiction o fosse pronunciata in una qualche trasmissione televisiva.

Forse qualcuno si farebbe una risata, forse molti annuirebbero, influenzati da un retaggio culturale che viene da lontano, un cliché che ha fatto la fortuna di tanti film dell’Italietta popolare, borghese e aristocratica, di tante fantasie erotiche a basso costo. Uno stereotipo contro cui la professione ha tanto lavorato, protestato e denunciato per darsi una dignità mai avuta perché mai si è trovato un tema su cui costruirla, senza rendersi conto invece che allusioni sessuali ed ironia su qualcuno sono spesso direttamente proporzionali al prestigio sociale di certe categorie.

Basterebbe citare il “bottana industriale” recitato dal buon Giannini ai danni della meravigliosa Melato nel superbo “Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto” della geniale regista Lina Wertmüller, per spiegare quanto uno stereotipo possa in realtà diventare lo strumento più efficace ad alimentare il prestigio di qualcuno.

E quindi? Ci farebbe piacere o no se oggi qualcuno offrisse ad un pubblico planetario una frase di questo tipo?

Non conosco la risposta o meglio, preferisco non darla ma posso di sicuro affermare che almeno una volta questa frase è stata pronunciata e i suoi effetti proseguono tutt’oggi addirittura con un fiorente commercio.

Chi fu a pronunciarla e quando?

Immaginate di essere un giovane inglese di vent’anni nel pieno della rivoluzione culturale del 1968 appena sposato ad una coetanea, a sugello di una relazione nata con un colpo di fulmine quattro anni prima. Immaginate il sogno di diventare cantante folgorati da una passione musicale nata e coltivata fin dall’adolescenza con alterne fortune. Immaginate che questo sogno sia così forte, condiviso e supportato dalla tua giovanissima moglie che non fa altro che stimolarti e di fatto mantenerti per la forza dell’amore che vi lega.

Immaginate che tutto questo abbia una svolta come nelle migliori favole e tu ti ritrovi sul palco dello stadio di Oakland, California, tredici anni dopo il colpo di fulmine, precisamente al “Day On The Green” del 23-24 Luglio del 1977, nove anni dopo aver dato vita ad uno dei più importanti, influenti ed acclamati gruppi rock della storia.

Immaginate che quel cantante sia Robert Plant, voce iconica dei Led Zeppelin, che quell’amore si chiami Maureen Wilson, che sia infermiera e che per celebrarne la carriera professionale, davanti a migliaia di persone, nonostante sia una rock star che potrebbe far strappare i capelli ad ogni ammiratrice qualunque cosa indossi o meno, ti presenti invece con una semplice maglietta azzurra che riporta a caratteri cubitali la scritta:

NURSES DO IT BETTER!

Le infermiere lo fanno meglio.

Maureen, nata a Calcutta, era in effetti una affermata infermiera che aveva cominciato a lavorare a 20 anni e sostenne finanziariamente i sogni di gloria del marito Robert sposato il 9 novembre del 1968. Un amore totale quello di Robert che pur non essendo un grande paroliere almeno nei primi tempi, un anno dopo l’esplosione del fenomeno Led Zeppelin, dedicò comunque a Maureen nel 1969 una bellissima e poetica canzone intitolata semplicemente “Thank You”:

Se il sole si rifiutasse di splendere

Io continuerei ad amarti

Quando le montagne crolleranno nel mare

Io e te ci saremo ancora

Nonostante la forza del loro amore e tre figli ai quali Maureen sacrificò la sua carriera di infermiera, il loro matrimonio durò quindici anni. Essere la moglie di una star planetaria del calibro del marito Plant non dovette essere questione facile da gestire per questa ragazza che sopportò eccessi ed umiliazioni fino ad un limite che decise di non superare e che le permise di rimanere comunque in ottimi rapporti con l’ex marito fino ai giorni nostri.

Per noi che abbiamo scoperto questa storia, la foto di Robert e del suo tributo alla moglie e alla professione, così chiaramente allusivo per i più distratti ma altrettanto sagace per un popolo che da sempre attribuisce alla professione un prestigio sociale che da noi non vedremo mai, rappresentano un messaggio potentissimo di cui ci piacerebbe essere orgogliosi.

Qualcosa di improponibile, di inarrivabile in un paese come il nostro che ha censurato la pubblicità di una famosa marca di patatine fritte per la battuta dell’attore protagonista Rocco Siffredi che allusivamente dice di essere un esperto avendole provate tutte.

Fu un gesto che probabilmente anche in America, poteva essere compiuto solo a quei tempi di fronte comunque ad un pubblico sostanzialmente comprensivo e comunque inimmaginabile ai tempi nostri nel nostro paese e anche se a compierlo fosse uno come Vasco Rossi. Un paese il nostro dove si discute del valore educativo ed economico del trash e l’intelligenza di una battuta o di un messaggio come quello di Plant verrebbe crocefissa sul monte del sessismo nella migliore delle ipotesi.

E adesso se non vi dispiace, metto in cuffia un po’ di musica seria.

Andrea Tirotto