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Infermieri cercasi disperatamente: un voucher da 3.000 euro a chi si iscrive subito

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 02/07/2025

AttualitàCronache sanitarie

 

Il grido d’allarme non è nuovo, ma ora assume contorni sempre più urgenti: la carenza di infermieri rischia di diventare il vero tallone d’Achille del Servizio sanitario nazionale. Lo denunciano da tempo gli Atenei di Padova e Verona, le Usl e le sigle di categoria. In Veneto, secondo la Regione, mancano all'appello almeno 3.500 infermieri. Un vuoto che si fa sentire soprattutto sul territorio e nelle Rsa, dove l'invecchiamento della popolazione spinge la domanda di assistenza a livelli mai visti.

Per invertire la rotta, la Regione lancia una misura sperimentale: un voucher da 3.000 euro per chi si iscrive ai corsi di laurea in Infermieristica nelle Università di Padova, Verona e Ferrara (sede di Adria). Il piano, annunciato dall’assessora al Lavoro Valeria Mantovan, partirà con l’anno accademico 2025/2026. I nuovi studenti riceveranno 1.000 euro al termine di ciascun anno, subordinati al superamento degli esami di tirocinio. Il progetto è finanziato con 9 milioni di euro del Fondo Sociale Europeo e sarà gestito da Veneto Lavoro tramite i Centri per l’impiego.

Un’idea che nasce sulla scia del successo del voucher per gli Oss – 1.500 euro su una spesa di 1.800 – che ha portato i corsi regionali da 45 (nel 2022) agli attuali 65, con oltre 4.200 allievi formati, l’86% dei quali donne. Eppure, anche qui, la carenza resta: in Veneto mancano ancora 2.000 operatori sociosanitari.

Nel caso degli infermieri, nonostante l’aumento dei posti disponibili – da 1.200 nel 2020 a 1.833 nel 2024 – e l’apertura di nuovi corsi a Chioggia e presto a Cittadella, le immatricolazioni restano insufficienti. I numeri non tornano: nel 2024, il saldo tra assunzioni e pensionamenti è negativo (-359). Attualmente, sono in servizio 23.816 infermieri, ancora sotto i 24.212 registrati nel 2022.

A preoccupare la Regione sono soprattutto le dimissioni inattese: quasi la metà degli abbandoni riguarda professionisti che scelgono di tornare nelle regioni d’origine o di migrare nel privato. Una perdita costante e silenziosa che aggrava il quadro.

Per cercare di frenare l’emorragia, la Regione prevede anche:

  • una piattaforma di mobilità interaziendale tra Usl, senza necessità di concorso;

  • l’attivazione di sportelli psicologici anti-burnout in ogni azienda sanitaria;

  • un incremento dell’1% dei fondi contrattuali, pari a 51 milioni di euro annui dal 2025 al 2027, destinati a premi, welfare integrativo e uniformità retributiva.

Sul fronte del reclutamento, si guarda anche all’estero: tra le ipotesi c’è il reclutamento di infermieri sudamericani, in particolare dal Brasile.