Vincenzo ha un infarto, la figlia (infermiera) lo rianima per 16 minuti e gli salva la vita
Doveva essere un tranquillo pomeriggio in casa: Paolo era al lavoro, Francesca (infermiera all’ospedale San Carlo e incinta al sesto mese) era a casa a Milano insieme alle due figlie appena rientrate da scuola. E in casa c’era anche Vincenzo, il papà di Francesca, arrivato in aereo dalla Sicilia poche ore prima insieme alla moglie per trascorrere qualche giorno insieme a Francesca.
Ma quello del 30 aprile si è trasformato in un pomeriggio da incubo che Francesca, 34 anni, e il padre, 64 anni, non dimenticheranno mai. Improvvisamente, verso le ore 16:10, Francesca sente un botto: si gira mentre era seduta in sala e vede suo padre riverso per terra. Capisce subito che è successo qualcosa di grave: Vincenzo aveva avuto un arresto cardiocircolatorio. La donna non si perde d’animo: telefona subito al 112 e inizia la rianimazione cardio polmonare.
Insieme a lei, la mamma che mentre il marito lotta contro la morte non si arrende e aiuta la figlia a gestire le bambine di 2 e 6 anni permettendole anche di chiamare subito il compagno che lavora in ospedale ed un'amica, Valeria anche lei infermiera, che abita poco lontano da casa.
Continua a rianimare il padre. Senza sosta: per 16 interminabili minuti tenta disperatamente di “riportare” in vita il suo papà. Quando arrivano i soccorritori del 118 la situazione è disperata, ma anche loro non si arrendono. Solo dopo 30 minuti il cuore di Vincenzo riprende a battere. La corsa disperata all’ospedale Sacco di Milano dove l’uomo viene sottoposto a un delicatissimo intervento. Tutti i sanitari che cureranno Vincenzo diranno tutti la stessa cosa ogni qualvolta Francesca li ringrazia “Questo è un miracolo, non sei tu a dover ringraziare noi, sei tu che hai salvato tuo padre”. Vincenzo aveva avuto un arresto cardiocircolatorio per l’occlusione di un'arteria coronarica ed una concomitante ipopotassiemia.
Adesso Vincenzo è stato dimesso, è a casa, sta bene e naturalmente sta seguendo un percorso di riabilitazione.
Il pensiero di Francesca e del compagno vanno a quel drammatico 30 aprile: forse il destino ha voluto restituire a Vincenzo i sacrifici fatti per garantire il percorso di studio alla figlia.
“Una vicenda che dovrebbe far riflettere il governo e l’opinione pubblica sull’importanza della nostra professione – spiega il compagno di Francesca, Paolo Toscano, segretario amministrativo NurSind Milano, il maggiore sindacato degli infermieri -. Vincenzo si è salvato perché sua figlia è un’infermiera e ha seguito un preciso e severo percorso di studio per apprendere la professione. Perché quella dell’infermiere non è una missione o un mestiere: è una professione che, purtroppo, in Italia non viene adeguatamente retribuita e riconosciuta e spesso ci sono operai o artigiani che guadagnano molto di più di quello che guadagna un infermiere, un professionista preparato per salvare una vita”.
Una posizione ribadita anche da Donato Cosi, consigliere nazionale del NurSind. “Fino a quando la nostra professione non verrà riconosciuta avremo ospedali dai quali gli infermieri scappano, e una sanità che continuerà a vacillare”.
Oggi, Vincenzo e la figlia possono finalmente ringraziare tutti i sanitari coinvolti in servizio presso Areu e l'Ospedale Sacco che con grandissima professionalità e dedizione si sono presi cura di un papà ed una figlia.