Bruxelles: codice nero
Quanti volti ha il male? Che forma assume?
Fino a questo momento, impietrita, di fronte alla porta d'entrata del Pronto Soccorso, io, il male non lo avevo mai conosciuto.
Avevo studiato ed ero diventata medico come mio padre, nella assoluta certezza che sarei stata una stretta confidente della malattia, che nel futuro che sognavo tra i banchi dell'università, il dolore sarebbe stato compagno di vita, dentro e fuori dagli ospedali, ma il male, il male come l'ho conosciuto oggi, non era nei miei programmi.
Dopo la laurea in medicina e la specializzazione in anestesia e rianimazione, avevo deciso di trasferirmi dall'Italia in Belgio, la provincia mi stava stretta, come tutte le ragazze della mia età ho sempre subito il fascino della città Europea cosmopolita, qui poi avrei avuto maggiori possibilità di carriera rispetto a quelle che poteva offrirmi Campobasso.
Da sei anni lavoro all' Huderf, l’ospedale pediatrico nella città di Bruxelles, ho tutto quello che desidero, svolgo, in uno dei migliori ospedali, il lavoro che amo, vivo in una delle più belle città Europee, da qualche tempo ho anche un nuovo amore… tutto perfetto…. fino ad oggi.
Sono passate trentasei ore, non ho idea di che giorno sia , se c'è ancora luce fuori o se il sole è calato, in uno di quei meravigliosi tramonti, che nella piccola pausa che di solito faccio, mi godo dalla finestra del corridoio del reparto di pediatria.
Sono passate trentasei ore.. ed io ho come l'impressione che siano passati mesi da ieri mattina: sveglia all'alba, la mia solita colazione in tutta calma; amo godermi la mia tazza di latte con due biscotti mentre do una scorsa all' e mail ed alla home di Facebook. Scelgo con cura cosa mettere, trucco leggero ,e giù, piano mi incammino verso la metropolitana.
In programma oggi ci sono due interventi chirurgici a due piccoli pazienti, Lucas e Mattia. Messaggino del buongiorno alla mamma ed entro in ospedale. Sono le sette del mattino, la giornata sarà lunga, pensai; non avrei mai immaginato quanto lo sarebbe stata.
Sono le 9.30, è codice rosso, è tutto un gran caos, le notizie arrivano frammentarie, siamo stati tutti allertati, pronti davanti alla grande porta del pronto soccorso ad accogliere le vittime, dicono, di un'esplosione.
Ai codici rossi sono abituata, ho imparato nel tempo a mantenere sangue freddo, ad agire con lucidità, non mi sono mai lasciata sopraffare dalla tensione, dalla responsabilità della vita che sfugge alla vita.
Ma questo codice rosso, stamane ha qualcosa di diverso, mi assale una strana inquietudine, se hanno allertato anche noi, deve essere qualcosa di grosso.
Dispositivi di protezione individuale indossati, sento le sirene ululare, stanno arrivando, sono pronta … forse.
Pensavo di essere preparata, ma non lo ero per niente, quando sono stata investita da tutti quei corpi, dilaniati, fatti a pezzi e quell'odore di sangue e di bruciato era nauseabondo, era tanti, troppi.
No, non era una semplice esplosione, quelle ferite erano la risultante di qualcosa di più di una semplice esplosione, quelle erano le vittime di un'attentato, quei corpi erano saltati su bombe rudimentali.
Non potrò mai raccontare davvero quello che ho visto, corpi mutilati, ferite profonde tanto da distinguere chiaramente le ossa; i volti, i volti non c'erano più, bruciati, anneriti.
Sono gli sguardi che non scorderò, vuoti, dentro non c'era più niente, né odio né amore… orrore, orrore per quanto subito..
Sono trentasei ore che medico ferite, nel tentativo vano di dare un nome a uomini e donne; che provo a restare calma assumendo un tono rassicurante con chi dietro quella porta cerca un amico, un parente, un figlio, una madre, un amore, nella speranza di trovarlo vivo.
Ma non sono calma, non lo sono per niente.
Provo un dolore sordo, tutti quei corpi fatti a pezzi sono uno specchio frantumato che riflette l'angosciosa paura di essere la prossima vittima.
Ce lo aspettavamo da tempo, dopo Parigi lo stato di allerta era aumentato, ma non pensi mai possa accadere a te.. finché un giorno il male irrompe nella tua vita, portando morte.
Sono passate trentasei ore, ma il tempo sembra essersi fermato all'arrivo di quei corpi grondanti di sangue e disperazione; ho le narici invase dalla puzza di carne bruciata.. dov'è il mio profumo, non sento il profumo, non sento niente, rivoglio il mio profumo, la mia quotidianità, rivoglio la mia vita che da ieri non sarà più la stessa.
Siamo in guerra, una guerra che non ha un fronte, non ha filo spinato, è una guerra intelligente fatta di kamikaze e di raid, di corpi fatti a pezzi e certezze a brandelli. E' un tutto contro tutti, è una guerra che sradica ogni sicurezza, che fa vacillare il domani.
Medico la ferita di una giovane donna, non so dove troverò la forza di dirgli che amputeranno l'arto inferiore destro, adesso che non trovo la forza nemmeno per consolare le mie paure; mi rivedo in lei, nei suoi tratti, nella sua giovane età, e mi assale questa umana paura di come la prossima volta potrei essere io stesa qui sul lettino, o magari là fuori, con i miei pezzi sparsi per la stazione metropolitana. La prendo sempre quella metro, ogni mattina, ogni giorno; nella prossima esplosione potrei esserci io.
Dopo trentasei ore di turno, stasera tornerò a casa, chiamerò un taxi, magari mi faccio dare un passaggio dal collega, la città è paralizzata, l'esercito in strada è massivo, lo scenario che mi si apre è surreale.
Mi sento a pezzi, come i corpi ,che ho tentato di ricucire nella vana speranza di ricucire solo un po' della fiducia e delle certezze che ho perso in queste esplosioni.
Rientro a casa, tranquillizzo mia madre, le dico che sto bene e poi mi immergo in un bagno caldo.
Vorrei riuscire a lavare l'orrore di cui sento addosso ancora l'odore, la puzza di tutto quel sangue, le immagini dei corpi mutilati, i bambini ed i loro pianti disperati.. un pianto anomalo, non il solito, non riesco a spiegarlo a parole, so solo che mi rimbomba nelle orecchie, vorrei farlo smettere, dannazione, non ci riesco.
Da domani come sopravviveremo a tutto questo?
Come faremo a vivere questi giorni a venire, macchiati di sangue e sospetti, di ferite d'odio.
Paghiamo a duro prezzo la scelleratezza di questi governi, abbiamo pagato con la vita … chi l'ha persa in una deflagrazione e chi in quell'esplosione ha perso per sempre la quotidianità, l'egoistica sicurezza di abitare nella parte giusta del Mondo.
Domani tornerò ancora a fare il medico, domani tornerò a ricucire ferite.. adesso ho solo bisogno di sciogliere le mie preghiere in lacrime.
Liberamente ispirato a :Rossella, medico a Bruxelles: "Ho paura, non credo sia finita qua. Ma io continuo a lavorare