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Covid e cure domiciliari. Sì ad aspirina ed Aulin, no al cortisone

Niente più tachipirina ma aspirina associata all'Aulin se ci sono anche dolori. Cambia il protocollo della terapia domiciliare per la fase iniziale del Covid, contenuto nel vademecum, emanato nei giorni scorsi, dalla Simg -società italiana di medicina generale e delle cure primarie in collaborazione con la Simit, Società italiana di malattie infettive e tropicali.

La nuova procedura è stata presa in considerazione e avviata, per la prima volta, da circa trenta medici di famiglia, i quali hanno avuto la possibilità di sperimentarlo su una platea di 500 pazienti.

 Il Documento della SIMG consta di 11 quesiti, utili per fugare i principali dubbi e per impostare una gestione coordinata a livello nazionale dei soggetti coinvolti da forme lievi o moderate di Covid-19.

Di seguito alcuni dei punti salienti del Vademecum.

Come gestire la febbre nei pazienti COVID-19 a casa?

L’OMS raccomanda che i pazienti COVID-19 ricevano un trattamento per la febbre e dolore associato all’infezione. Il paracetamolo è suggerito come una scelta sicura e raccomandabile per la gestione precoce e domiciliare dello stato febbrile nei pazienti COVID-19. I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), inclusi l’acido acetilsalicilico e l’ibuprofene, sono risultati efficaci nel trattamento della sindrome simil-influenzale COVID19 correlata ed inoltre dimostrano un potenziale beneficio nel contrastare la tempesta citochinica proinfiammatoria generata dall’infezione con conseguente riduzione del rischio di peggioramento delle manifestazioni respiratorie. Si consiglia di non eccedere le dosi raccomandate, ovvero tre grammi al giorno per il paracetamolo. Occorre prestare attenzione ai possibili effetti collaterali dovuti ai FANS che, come è noto, possono provocare danni renali, epatici e gastrici, e precipitare uno scompenso cardiaco. Si raccomanda inoltre, durante le malattie febbrili, di assicurare un adeguato stato di nutrizione e idratazione.

La profilassi antitrombotica è giustificata per i pazienti COVID-19 a casa?

Nell’aprile 2020, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha incluso l’eparina a basso peso molecolare (EBPM) tra i farmaci disponibili per il trattamento del paziente COVID-19.
COVID-19 è una malattia particolarmente debilitante, anche per i pazienti con sintomi lievi, pertanto, i pazienti sono spesso costretti a letto per diverse settimane, con un rischio maggiore di eventi tromboembolici. L’eparina può proteggere l’endotelio, probabilmente riducendo il livello dei biomarcatori infiammatori, e può prevenire la disfunzione polmonare micro e macrocircolatoria e possibilmente limitare il danno d’organo. Pertanto, i pazienti COVID-19 costretti a letto con sintomi respiratori acuti potrebbero essere trattati con EBPM a casa per prevenire il tromboembolismo polmonare.

 

Quando è utile somministrare gli steroidi a casa per i pazienti COVID-19?

Poiché le forme più gravi di COVID-19 sono il risultato della reazione eccessiva del sistema immunitario al virus stesso, inclusa la tempesta di citochine e l’insufficienza multiorgano, l’uso di farmaci in grado di spegnere l’infiammazione può produrre importanti benefici in termini di controllo della malattia. Il desametasone, un ben noto corticosteroide, ha dimostrato una riduzione dei decessi per COVID-19 di un terzo nei pazienti con ventilatore e di un quinto in quelli con ossigeno.

Tuttavia, i pazienti che si trovano in una fase iniziale dell’infezione possono essere svantaggiati dalla somministrazione di steroidi che potenzialmente causano un ritardo nella clearance del virus e inibiscono la proliferazione dei linfociti. L’uso di corticosteroidi dovrebbe essere limitato solo ai pazienti con importanti disfunzioni polmonari che richiedono assistenza respiratoria spesso combinata con altri rimedi.  L’OMS raccomanda l’uso di steroidi nel COVID-19 solo per malattia severa ed è contraria al suo utilizzo su pazienti COVID-19 non gravi. La maggior parte dei pazienti COVID-19 a casa non è grave, quindi l’uso di steroidi a domicilio è limitato

Quando è indicato somministrare antibiotici ai pazienti COVID-19 a casa?

Dall’inizio dell’epidemia di COVID-19, per il trattamento precoce di questa infezione sono stati proposti antibiotici con proprietà immunomodulatorie come l’azitromicina. Tuttavia, la terapia antibiotica per il trattamento di un’infezione virale è inefficace e non raccomandata. Le evidenze della letteratura scientifica non supportano l’uso dell’azitromicina nel trattamento del COVID-19.
In una recente meta-analis pubblicata, la coinfezione batterica è stata identificata solo nel 3,5% dei pazienti COVID-19 che necessitavano di ricovero ospedaliero; pertanto, la maggior parte dei pazienti COVID-19 a casa non richiede un trattamento antibatterico empirico. Nei pazienti COVID-19, l’uso diffuso
di antibiotici deve essere scoraggiato, poiché in assenza di beneficio comporta un’elevata insorgenza di resistenze batteriche
e sviluppo secondario di germi resistenti che avranno un impatto sul carico di malattia e decessi sia durante la pandemia COVID-19 che dopo.
In conclusione, gli antibiotici non dovrebbero essere prescritti a casa a meno che non vi sia un forte sospetto clinico di una superinfezione batterica durante il corso di COVID-19, come evidenziato da una ricomparsa di febbre dopo un periodo di defervescenza e / o evidenza radiologica di polmonite di nuova insorgenza e/ o evidenza microbiologica di infezione batterica. La maggior parte di questi episodi si verifica durante lunghi soggiorni in ospedale, soprattutto in terapia intensiva
e durante la ventilazione meccanica. Solo in presenza di forte sospetto di superinfezione batterica, i pazienti gestiti a casa dovrebbero ricevere antibiotici secondo le linee guida per il trattamento della polmonite acquisita in comunità.