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Il tallone degli infermieri: gli Ordini Professionali

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 12/07/2021 vai ai commenti

AttualitàPunto di Vista

Secondo il mito, la madre di Achille immerse il figlio, quando era bambino, nella acque del fiume Stige con il proposito di renderlo immortale, ma omesse di bagnarne il tallone, dal quale lo teneva.

Per questo motivo, Achille aveva un corpo indistruttibile ed era dotato di una forza sovrumana capace di spaventare qualsiasi esercito nemico, ma il suo punto debole rimaneva il calcagno.

In questi articoli, divisi in sette parti, il mio obiettivo sarà quello di illustrare quali sono i punti deboli (tallone) del corpus infermieristico, così forte professionalmente ma così fragile nel suo quotidiano.

 

  1. La Dirigenza Infermieristica
  2. Gli Ordini Professionali
  3. La classe politica
  4. I sindacati “maggiormente rappresentativi”
  5. I mass-media
  6. La sanzione della comunità
  7. La questione femminile

 

Il tallone degli infermieri: gli Ordini Professionali

 

Sotto numerosi aspetti, la riflessione sugli Ordini Professionali rispecchia quella fatta, una settimana fa, sulla Dirigenza Infermieristica (vedi).

Così come ho evidenziato uno scollamento tra la base e i vertici aziendali, allo stesso modo mi sarà possibile dimostrare, nel presente articolo, un macroscopico scollamento anche tra la base e gli Ordini Professionali.

Cominciamo da un primissimo, semplice, ma evidente elemento che ritroviamo nella terminologia: per riferirsi agli Ordini, moltissimi colleghi ancora parlano di Albo, Collegio, IPASVI. Questo vuol dire una sola cosa, traducendo il pensiero di molte colleghe e colleghi: “chiamatelo pure come volete, ma per noi resta una cosa distante e insignificante”!

Ma andiamo con “ordine”, appunto.

Il Collegio IPASVI (Infermiere Professionali, Assistenti Sanitarie e Vigilatrici d’Infanzia) nasce nel 1955, come disposto dalla legge n. 1049 del 29 ottobre 1954.

Già nel 1946 furono ripristinati gli Ordini Professionali soppressi dal regime fascista, ma gli infermieri dovettero attendere quasi un decennio per veder nascere il loro Collegio.

Fin dalla sua nascita, il Collegio IPASVI dovette fare grande opera di convincimento, presso le infermiere, le vigilatrici e le assistenti sanitarie affinché si iscrivessero all’Albo: il successo fu discreto, ma si registrarono, fin da allora, diverse resistenze, anche se l’obbligatorietà, in qualche modo era implicita fin da allora.

Nel 1960 venne emanato il primo Codice Deontologico e nel 1965 organizzato il primo Congresso Nazionale. L’entusiasmo, la proattività, la voglia di crescita di gran parte del corpus infermieristico emerse, in quella occasione, con grande spirito partecipativo: era evidente il desiderio di costruire una forte identità professionale.

Nel 1971 arrivarono gli uomini: con la legge n. 124 del 25 febbraio di quell'anno si dà anche al personale maschile la possibilità di esercitare la professione infermieristica (fino ad allora ci si fermava al profilo di “infermiere generico”).

Dagli anni Settanta a tutt’oggi, l’evoluzione della professione subisce una forte accelerata: cambiamenti sociali anche rivoluzionari e una forte volontà di crescita e consolidamento dell’identità professionale fanno si che il corpus infermieristico conquisti molti punti a proprio favore.

Riordino formativo che porta il percorso di studi da due a tre anni (legge n. 795 del 15 novembre 1973), nuovo mansionario (DPR n. 225 del 14 marzo 1974), nuovo Codice Deontologico (1977), nascita del Servizio Sanitario Nazionale (1978), nuovo riordino formativo con l’arrivo dei Diplomi Universitari (1992), nuovo profilo professionale (DM n. 739 del 14 settembre 1994), patto tra infermiere e cittadino (1996), abolizione del termine “ausiliario” (legge n. 42 del 26 febbraio 1999), nuovo Codice Deontologico (1999), riconoscimento della dirigenza (2000), riconoscimento della libera professione all’interno delle strutture di propria appartenenza (2002), arrivo delle Lauree Specialistiche (2004) e dei primi Dottorati (2006), nuovo Codice Deontologico (2009), nuovi ambiti di competenza (2017), trasformazione dei Collegi in Ordini (2018), nuovo Codice Deontologico (2019).

Come può, una professione che si è evoluta così repentinamente in pochi anni, mantenersi compatta, unita intorno ad una visione solida e collettiva, saldamente ancorata ad una chiara identità professionale?

Oggi, anche a causa dell’innalzamento dell’età lavorativa, possiamo facilmente ritrovare, all’interno dei gruppi di lavoro infermieristici, tre-quattro tipologie di colleghe e colleghi. Tutti ugualmente infermieri e tutti portatori di un proprio “orgoglio professionale” ma che sono inevitabilmente testimoni di visioni diverse della propria professione.

Un bel problema.

Ed è sicuramente una delle difficoltà che sta alla base del debole legame, se non di un vero e proprio scollamento, tra gli Ordini Professionali (OPI) e le lavoratrici e i lavoratori in prima linea.

Tra i compiti principali degli OPI, a mio parere, oltre che alla diligente tenuta degli Albi ci dovrebbe essere quello, non secondario, di rafforzare l’identità professionale della categoria.

Vanno “serrate le fila e compattati gli eserciti”, tanto per usare una terminologia militaresca.

Bisogna incontrare gli infermieri nei luoghi di lavoro, farsi portavoce, oltre che garanti, della professione presso le istituzioni.

Senza sostituirsi alle Organizzazioni Politiche o Sindacali, gli OPI devono fare leva sulla propria autorità (conferita) e autorevolezza (da riconquistare) per far sì che tutte le colleghe e i colleghi, anche i più distanti, i più anziani, i più sfortunati o i più disillusi possano riconoscersi sotto un’unica bandiera.

L’ha dimostrato la nostra Nazionale di Calcio l’altra sera: fare squadra è sempre la scelta vincente.

Purtroppo, tutto questo, molto spesso non succede, trasformando (come avviene anche per certe nostre Dirigenze Infermieristiche) gli OPI in squallide opportunità buone solo per poter mettere il proprio deretano su una comoda poltrona e goderne, insieme a quattro amici, di tutti i privilegi offerti.

Pensateci, colleghe e colleghi: siamo noi gli unici artefici del nostro destino ed è inutile confinare le nostre frustrazioni e i nostri lamenti nelle sedi di lavoro.

Al prossimo rinnovo di un OPI provinciale, tornate col pensiero a questo articolo e agite!

 

Alla prossima puntata, martedì 20 luglio 2021, per l'articolo sulla classe politica