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Empowerment del paziente: quali rischi e benefici

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 05/08/2016 vai ai commenti

Editoriali

 

Mettere il paziente al centro del processo di cure, renderlo partecipe e protagonista della sua salute, questa è la nuova sfida che il mondo della Sanità si appresta ad intraprendere.

Timidi accenni a questo nuovo modo di fare salute li abbiamo letti nel Piano nazionale della cronicità, previsto dal Patto per la salute 2014/2016 e, trasmesso appena due settimane fa in Conferenza Stato – Regione; il primo piano per la cronicità redatto in collaborazione con associazioni dei pazienti e Cittadinanzaattiva. Un piano che traccia delle linee di indirizzo orientate proprio in direzione di una partecipazione attiva del paziente al proprio progetto di salute, si parla infatti di il Chronic care model, la Piramide di Kaiser e la Piramide del rischio, tutti modelli che presuppongono la centralità del paziente rispetto alle altre figure professionali.

Non è certo un concetto nuovo, ma un modello di cure di cui già si parla da tempo in Europa, richiamato nei piani di Salute pubblica e denominato Empowerment.

Cos'è l' Empowerment?

Non è un concetto di facile traduzione, non ha ancora una vera e propria corrispondenza nella nostra lingua, ma è un concetto che si sta facendo strada ed è bene conoscere il fenomeno, con tutti i suoi pro ed i suoi contro.

L'etimologia della parola suggerisce di suddividere la stessa in sezioni: em – power -ment. Il prefisso em viene utilizzato con il significato di “mettere nella condizione di” o anche di “andare verso”, riferendosi quindi ad un movimento propositivo verso qualcosa. Il sostantivo power viene in genere tradotto letteralmente come “potere”, “essere in grado di”, “potere di”. Infine, il suffisso ment definisce al tempo stesso sia un processo, sia un risultato.

Il termine fu coniato dallo psicologo americano Bob Anderson, esso pone al centro del processo di cure la storia personale, il vissuto, le relazioni sociali, l'ambiente presente e passato del paziente, e lo considera un soggetto attivo.

E' un concetto che si sviluppa negli Stati Unti già a partire dagli anni '70, quando il paziente esce da ruolo di soggetto passivo e si autodetermina come parte attiva, è la rivoluzione culturale di quegli anni che porta a questa partecipazione popolare. Dal processo di Norimberga in poi, con l'introduzione del Consenso Informato è un susseguirsi di piccole conquiste in questo senso: l'Associazione americana degli ospedali sancisce l Patient bill of rights” a cui fa seguito il “Living will”. In Gran Bretagna vengono introdotte le “Patients Chartes”, sulla cui scia nel nostro Paese a metà degli anni novanta, viene introdotta la Carta dei servizi Pubblici e successivamente quella dei Servizi sanitari.

Il Patient Empowerment è una strategia che attraverso l'educazione sanitaria e la promozione di comportamenti favorevoli alla salute, fornisce alla persona gli strumenti critici per prendere decisioni migliori per il loro benessere, riducendo le diseguaglianze culturali e sociali.

E' una sorta di “terapia informativa” che nel limite del possibile tende a livellare le conoscenze tra medico e paziente.

Il paziente informato quindi adotta un comportamento favorevole al mantenimento della propria salute e partecipa attivamente allo svolgimento delle proprie cure, esercitando il diritto ad essere informato su tutti gli aspetti medici che lo riguardano e compiendo scelte più responsabili in merito alla propria salute.

Questo naturalmente in via di principio è esatto, è la concretizzazione di questo che purtroppo è costellata di insidie che vedremo più avanti.

I vantaggi del patient Empowerment ci sono e non sono trascurabili, un paziente al centro del proprio processo di salute e di cure, si sente responsabilizzato, incluso nei processi decisionali, si sente più forte sulla scena. E' un paziente che è capace di aumentare la propria compliance rispetto alle terapie proposte. Aumenta anche il senso di responsabilità nella fruizione dei servizi sanitari.

Un paziente cosciente ed informato, sa come prevenire le malattie più comuni derivanti da comportamenti scorretti ed altrettanto sa come gestirsi nel processo di cura.

Ma un paziente informato è anche una persona più vulnerabile.

E questo non è il solo rischio, se questo processo di Empowerment non è seriamente monitorato.

Il rischio che maggiormente si corre è quello di trasformare il paziente da Empowerment a Target, per chi nutre interessi commerciali nei suoi confronti.

Il paziente oggi viene a contatto con le informazioni tramite la Rete, tramite la miriade di associazioni per malati che si trovano nel web, sono proprio le associazioni che fanno da tramite tra il paziente e l'Informazione.

Proprio le associazioni però sono un anello fragile di tutto il processo di Empowerment, in quanto si muovono su un filo sottile, in equilibrio instabile tra, gli interessi del malato e gli interessi di chi ne finanzia le attività, case farmaceutiche o biotech.

Ecco che il paziente, che in maniera inconsapevole si sente al centro del processo di cure diventa invece target commerciale, per cui le informazioni che gli arrivano sono mediate da scopi lucrosi.

A questo rischio si aggiunge quello delle piattaforme dedicate ai malati, sviluppate proprio da aziende private, che hanno ben altri interessi che fa l'interesse del paziente.

Secondo l'Agenzia di consulenza Frost&Sullivan, nel 2017 i portali rivolti ai malati frutteranno circa 990 milioni di dollari, e sempre secondo Accenture, almeno il 91% delle aziende farmaceutiche ha in programma di realizzare sei o più servizi centrati sul paziente, nei prossimi anni.

Questo vuol dire che, al di là della questione trasparenza, su una assente regolamentazione in tema di associazioni ed industrie, i pazienti rischiano di avere della informazioni fuorvianti, dettate da questo o quell'altro interesse economico.

Ed allora il Governo deve tra le tante cose da fare, puntare ad un regolamento che vigili sulla strumentalizzazione delle industrie sulle associazioni dei malati e, siccome internet è sempre più dilagante in tutti gli strati sociali, e non si può certo porre un veto di accesso alle notizie ed alle informazioni, la nostra politica sanitaria, dovrebbe puntare nell'immediato ad una alfabetizzazione scientifica dei cittadini, per evitare strumentalizzazioni, ma anche per aiutare il paziente a non perdersi nella miriade di informazioni che la rete offre, spesso non veritiere o di difficile interpretazione per chi non la formazione giusta per recepirle.

L' Empowerment è un concetto interessante, sicuramente una sfida importante, per una medicina più equa ed appropriata, ma deve essere sviluppato con rigore, correggendo tutte quelle variabili che potrebbero renderlo nefasto.

 

Fonte:

Vantaggi e rischi del coinvolgimento del paziente in sanità