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Demansionamento. Sì al risarcimento del danno biologico. La Sentenza della Cassazione

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 27/11/2018 vai ai commenti

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È riconosciuta la patologia direttamente conseguente al demansionamento subito dal dipendente e per questo condannata la parte datoriale a risarcire il danno biologico.

A stabilirlo la Sentenza n. 17365/2018 della Corte di Cassazione.

La vicenda

Il lavoratore, era stato demansionato, ovvero, si era verificata un'illegittima condotta datoriale e che l'adibizione a mansioni meramente manuali, con privazione di un apporto collaborativo nel contesto aziendale, senza più inserimento nei turni dei colleghi.

Inoltre, subiva un immotivato e drastico mutamento dell'orario di lavoro che prevedeva 6 ore di pausa, ma che impediva al lavoratore l'impossibilità di recarsi a casa in quanto molto distante dal luogo di lavoro.

 

La decisione della Corte di Cassazione

L’Azienda viene condannata al risarcimento del danno patrimoniale correlato al demansionamento e del danno non patrimoniale a titolo di danno biologico permanente dipendente dal demansionamento e dalle discriminazioni subite dal lavoratore. La Società veniva anche condannata a reintegrare il lavoratore nelle mansioni e negli orari di lavoro originari.

 

Le motivazioni

Osserva la Corte che, fermo restando il potere imprenditoriale quanto all'organizzazione del lavoro, era onere dell'imprenditore fornire una ragione delle proprie scelte, specie laddove le modifiche avessero riguardato un solo dipendente.

Tali comportamenti illegittimi e quindi, demansionamento e discriminazioni, avevano causato al dipendente una malattia, accertata da c.t.u. e ritenuta in dipendenza casuale con il dedotto mutamento delle condizioni di lavoro.

 

Sulla scorta della recente pronunzia n. 1169 del gennaio 2018 secondo cui "quando un lavoratore invoca un demansionamento riconducibile a inesatto adempimento degli obblighi del datore è costui che ha l'onere di provare l'esatto adempimento di cui all'art. 2103 c.c.”

Il datore di lavoro deve dimostrare la mancanza assoluta del demansionamento lamentato dal lavoratore, oppure deve dimostrare che tale demansionamento fosse giustificato da motivi aziendali o disciplinari, oppure a causa di una impossibilità della prestazione lavorativa a lui non imputabile.

Viene dunque ribadita la mancata dimostrazione da parte della società del perché dell’assegnazione al lavoratore di compiti non coerenti con il bagaglio tecnico del lavoratore.

In quanto alla determinazione del danno, i giudici richiamano la pronuncia n. 330 del gennaio 2018 la quale ha statuito in tema di demansionamento "che il giudice di merito può desumere l'esistenza del danno anche determinandone l'entità in via equitativa basandosi sulla qualità e quantità dell'esperienza lavorativa pregressa del lavoratore e all'esito finale della dequalificazione".

 

Da sentenzeweb